Prima Serata
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Prima Serata
Cagliari 5 aprile 2001

Ringrazio padre Alberto e tutti voi per quest'invito: oramai è la terza volta, quindi ci conosciamo, mi sento più tranquillo e penso di poter affrontare con voi un lavoro ai confini fra l'indagine letteraria sui testi (perché non abbiamo ahimè altro che testi) e l'indagine poliziesca. Cercheremo di mettere in luce gli avvenimenti intercorsi in quella che per noi è la Pasqua fondamentale della nostra fede.

Non sono certo il primo a fare un lavoro di questo genere; in particolare, vi consiglio lo studio di un mio celebre confratello dell'École Biblique, deceduto ormai da tempo: il padre P. Benoît. La mia lettura sarà molto simile a quella che egli fece dei racconti della passione e della resurrezione del Signore.1 Ciò che non potrò dire, perché non abbiamo il tempo di leggere tutto il racconto della passione in tutti e quattro i vangeli, potrete trovarlo in questo libro.

Vi ho detto che la nostra indagine sarà tra il letterario e il poliziesco; ho pertanto selezionato quei punti del racconto che ritengo più interessanti per una ricostruzione di quel poco che possiamo sapere su quegli avvenimenti.
La morte di Gesù sulla croce, per esempio, non la svilupperò come tale perché non pone certi problemi.

Inizio con qualche premessa (la prima, come per la lettera agli Ebrei, è la serata delle premesse): sono convinto che i vangeli come li conosciamo noi, i quattro vangeli canonici, siano da collocare in un punto x dello sviluppo del racconto su Gesù, che va dalle primissime testimonianze a quel fenomeno che già si riscontra nell'antichità, e che conosciamo anche in tempi più recenti: la stesura di una vita di Gesù il più possibile organica e coerente.

I vangeli che noi oggi consideriamo canonici, ma anche alcuni dei vangeli cosiddetti apocrifi, sono evidentemente il risultato di un lavoro precedente.
S. Luca lo denuncia chiarissimamente all'inizio del suo vangelo: ha consultato dei documenti, ha usato il lavoro di qualcuno che aveva prima di lui narrato gli avvenimenti della vita di Gesù.

Quindi, i vangeli che abbiamo in mano non sono il primo prodotto, e questo spiega il perché siano così uguali e così diversi.
Sono uguali, tanto che possiamo metterli in colonna (soprattutto i vangeli di Matteo, Marco e Luca) e chiamarli vangeli sinottici, per il fatto che possano essere guardati con un solo colpo d'occhio (synopsis), ma al tempo stesso sono diversi.
Per certi aspetti il fenomeno è simile a quello che si produce nei nostri giornali quando, data una notizia di agenzia, ciascun giornale poi la rielabora come preferisce.

Alla base dei vangeli che noi conosciamo c'è un lavorio precedente che si può dividere in due stadi: una fase in cui i racconti sono trasmessi per via orale e quindi affidati alla memoria, ma già anche al supporto cartaceo, e una seconda fase in cui vengono stesi i primi documenti organici sulla vita di Gesù.
In seguito, i quattro vangeli che noi abbiamo canonici, hanno anche subito delle influenze reciproche, sono stati in qualche misura corretti l'uno sulla base dell'altro.
Questo lavoro di correzione reciproca dei vangeli continua fino al tentativo che la Chiesa non accetta come fatto canonico, ma come sorgente di lettura spirituale o storica: fino alle composizioni delle cosiddette armonie. Vale a dire di quei racconti che prendono degli elementi dai quattro vangeli canonici per comporre una storia coerente di Gesù, cercando di evitare le diversità e di mettere insieme gli elementi comuni.

Ho dovuto fare questa piccola introduzione perché i vangeli della passione hanno una caratteristica: il racconto di Giovanni, che di solito non viene posto in parallelo con gli altri tre racconti perché si dice che Giovanni è talmente creativo da elaborare un vangelo tutto suo, in questo caso può essere affiancato al racconto degli altri, ed assomiglia molto, in alcuni dettagli, a Luca.

Si è detto: il compositore del vangelo di Giovanni conosceva il vangelo di Luca, forse una sorta di proto vangelo di Luca, precedente la redazione attuale.
Ma, forse, Giovanni e Luca risentono di un documento sulla storia degli ultimi giorni di Gesù, prodotto dalla Chiesa di Gerusalemme, la cui caratteristica è di essere estremamente preciso riguardo agli avvenimenti e al loro quadro geografico e temporale. Quando non può essere preciso, questo documento evita di darci notizie di cui non v'è certezza.

I vangeli di Matteo e di Marco, invece, sembrano correre talvolta in altre direzioni e dipendere da altri due documenti fra loro paralleli: quello che gli esperti chiamano "documento A", il primo racconto della vita, della morte e della resurrezione di Gesù, e un "documento B" che sarebbe una rilettura di questo documento A in funzione della predicazione ai pagani o comunque in ambiente grecoromano.

Per la nostra indagine, un pò poliziesca, dobbiamo conoscere i testimoni e sapere innanzitutto che i quattro evangelisti hanno una loro personalità letteraria e teologica, ciascuno ha delle caratteristiche derivanti da una sensibilità umana, oltre che teologica e letteraria. Ma anche che ereditano dei documenti che hanno già alcune loro caratteristiche: il documento A, fatto per la predicazione in ambiente ebraico, il documento B, che è una traduzione concettuale di questo documento A per l'ambiente pagano, e il documento C (che adesso padre M.É. Boismard chiama documento X), che è comune a Luca e a Giovanni e che proviene, pensiamo, dalla Chiesa di Gerusalemme.

Un esempio: se leggete solo il vangelo di Marco, Maria non è neanche sotto la croce, ma se prendete Luca e Giovanni, Maria ha un'importanza fondamentale (soprattutto in Giovanni e in Luca degli Atti) nei primi avvenimenti della Chiesa di Gerusalemme.
Questo ruolo dato a Maria appartiene al materiale di provenienza del documento C, tipico della comunità di Gerusalemme, mentre gli altri documenti si interessano meno alla figura di Maria.

Riassumo questa premessa perché è fondamentale, dovremo utilizzarla costantemente: gli evangelisti ereditano dei documenti che rielaborano a modo loro, la loro rielaborazione è influenzata da questi documenti, dalla loro comunità di riferimento e dalla loro mentalità particolare. Il loro lavoro talvolta sarà poi corretto, per precisare alcuni dettagli armonizzando un vangelo sull'altro.

I vangeli canonici sono, dunque, come un punto di un grande fiume che porta al mare, il mare è la storia di Gesù nel suo insieme, il fiume è composto all'origine da tanti rivoli, da tanti ruscelli, che hanno una loro caratteristica ciascuno.

La prima cosa di cui dovremo interessarci sono i racconti circa il complotto per uccidere Gesù.
Vi è un momento, e vedremo che saranno due momenti, in cui si decide che è opportuno uccidere Gesù.

Possiamo notare che i racconti di Matteo e Giovanni sono i più sviluppati, i più lunghi, mentre abbiamo poche notizie in Marco e Luca.

Partiamo dal racconto di Matteo (il testo italiano che propongo è pessimo, ma l'ho fatto per seguire il più fedelmente possibile il greco):

Mt 26,1-5

"E avvenne quando Gesù ebbe terminato tutti questi discorsi, disse ai suoi discepoli: Voi sapete che dopo due giorni viene la Pasqua e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso. Allora si riunirono i grandi sacerdoti e gli anziani del popolo nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caifa e tennero consiglio per impadronirsi di Gesù con l'inganno e farlo morire. Dicevano però: non durante la festa perché non avvenga un tumulto nel popolo ".

La prima frase del racconto di Matteo è una delle cerniere redazionali più o meno stereotipe che l'Evangelista usa quando chiude i suoi grandi cicli di discorsi (il vangelo di Matteo si contraddistingue per i grandi discorsi di Gesù, alla fine di ciascuno di questi discorsi c'è una frase redazionale: "finito quel discorso", oppure "terminate queste parabole").

"Quando Gesù ebbe terminati tutti questi discorsi": nel vangelo di Matteo, Gesù è il grande maestro, è per questo che il vangelo è così lungo, perché ci sono i suoi lunghi insegnamenti.

In questo momento Gesù ha finito di parlare, inizia il mistero del Messia che tace ed entra nella sua Passione.
Però è un Gesù Signore, padrone della situazione.

Quella che nei vangeli di Marco e Luca è una semplice notarella di tipo cronologico: "era la Pasqua e gli Azzimi dopo due giorni", "si avvicinava la festa degli Azzimi, quella detta Pasqua", in Matteo diventa una frase di Gesù, un annuncio della sua Passione: in Matteo Gesù è particolarmente ieratico, Signore della sua storia, padrone di quello che sta avvenendo. È lui che prende l'iniziativa di dire a i suoi discepoli: "voi sapete che fra due giorni viene la Pasqua e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".

Un annuncio della passione come ne abbiamo tre nei vangeli sinottici, ma monco dell'ultima frase che di solito è: "E dopo tre giorni resusciterà". Sempre a proposito della nota cronologica, possiamo dire che i tre vangeli di Matteo, Marco e Luca parlano di qualcosa che avviene a ridosso della Pasqua.
Luca però non si pronuncia sui tempi, mentre Matteo e Marco dicono che mancano due giorni alla Pasqua.
Ora, la Pasqua era la celebrazione del quattordici del mese di Nisan, del plenilunio di primavera che apriva una settimana in cui si mangiavano, e si mangiano ancora, cibi non fermentati e pane azzimo.
Pasqua in realtà non era il nome della festa, ma dell'agnello che si mangiava la sera prima che iniziasse quella settimana.

Abbiamo quindi in Matteo e Marco l'idea di due giorni prima del quattordici di Nisan, nel caso di Luca invece semplicemente che la Pasqua si stava avvicinando.

Giovanni, invece, non colloca questa decisione nell'imminenza della Pasqua; per Giovanni la decisione dei sommi sacerdoti e dei farisei (è l'unico che nota i farisei) viene presa in seguito alla resurrezione di Lazzaro e passeranno ancora lunghi tempi prima che tale decisione venga posta in atto.

Si nota, quindi, una fluttuazione già intorno alla collocazione cronologica di questo avvenimento.

Dopo aver guardato il vangelo di Matteo, leggiamo Luca: è il più sintetico, (Lc 22,1-2) e non dice: "come farlo morire": dove gli altri dicono "e tennero consiglio per impadronirsi di Gesù con inganno e farlo morire", Luca ha: "cercavano come sopprimerlo", tipico di Luca che non ama le frasi troppo violente.

Marco è forse quello che rispetta maggiormente i documenti che ha sotto gli occhi: probabilmente il documento B.

Crediamo che sia il documento B perché l'identificazione fra la Pasqua e gli azzimi per lui è normale (e non è vero, perché la Pasqua non corrisponde con gli azzimi): sta parlando ad un ambiente ellenistico e non gli interessa specificare troppo questa diversità di festa.

Giovanni presenta, invece, un racconto molto sviluppato. Come è abbastanza abituale per lui, cerca di rendere recitabile il suo racconto, quasi teatrale, non sono degli anonimi a decidere, ma dei personaggi: Caifa prende quindi un rilievo notevolissimo e motiva il perché bisogna uccidere Gesù.

Gv 11,49-52:

"Uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno disse loro: Voi non capite niente, né vi rendete conto che è più vantaggioso per voi che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca tutta intera la nazione. Questo però non lo disse da sè stesso, ma, essendo sommo sacerdote in quell'anno, profetizzò che Gesù stava per morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche per radunare insieme nell'unità i figli dispersi di Dio".

La frase di Caifa è un giudizio prudenziale: se tutti continuano a seguire Gesù perché ha resuscitato Lazzaro prima o poi si creerà una situazione insostenibile. Gesù comincia a diventare un personaggio pericoloso, potrebbe dare l'occasione ai romani per venire e "distruggere il nostro luogo (il tempio) e la nostra nazione".

Caifa ritiene che, se per salvare il popolo è necessario uccidere un solo uomo, è il caso di farlo.

Notate l'ironia tipica del redattore di Giovanni, che scrive dopo il 70 d.C., quando il tempio è stato veramente distrutto dai romani: da un lato Caifa era profeta (in quanto sommo sacerdote) e profetizzava giustamente che Gesù dovesse morire per tutto il popolo, per salvarlo, dall'altro la sua idea di salvezza, salvare il tempio, non è andata a buon fine, perché il tempio è stato comunque distrutto. È il senso tecnico dell'ironia: dire una cosa per intenderne un'altra.

Quello che interessa da un punto di vista letterario è che questo lunghissimo sviluppo si basa su una parola presente negli altri evangelisti: il popolo.
Ma, anche in questo caso, una divergenza mette insieme Luca e Giovanni contro Matteo e Marco.
Per Giovanni bisogna uccidere Gesù perché se no ci sarà una sommossa di popolo e verranno i romani a reprimerla.
Luca non si pronuncia, si limita ad affermare che "temevano il popolo".
Luca non dice in che senso temevano il popolo, però è un pò sulla linea di Giovanni.

Se avessimo solo i vangeli di Luca e di Giovanni, per noi Luca direbbe in sintesi ciò che Giovanni esprime più lungamente.
Invece gli altri due evangelisti Matteo e Marco narrano: (Mt 26,5) "Dicevano però: Non durante la festa perché non avvenga un tumulto nel popolo".

Leggiamo i versetti precedenti: "Allora si riunirono i grandi sacerdoti e gli anziani del popolo nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caifa (Caifa lo nominano solo Matteo e Giovanni) e tennero consiglio per impadronirsi di Gesù con inganno e farlo morire. Dicevano però: non durante la festa perché non avvenga un tumulto ".

È diversa la prospettiva: non si tratta di prendere Gesù perché altrimenti sarebbe avvenuto un tumulto, si tratta di prenderlo in un momento in cui la gente non lo possa vedere: quindi, non durante la festa, per evitare il tumulto, che sarebbe stato conseguente al suo arresto. Sono due prospettive divergenti. Nel caso di Giovanni, Gesù sarebbe la causa del tumulto, nel caso di Matteo e Marco bisogna evitare il tumulto e catturarlo non durante la festa.

Ma il problema posto dal racconto di Matteo e Marco è che Gesù, secondo gli stessi evangelisti, fu catturato durante la festa, dopo la cena pasquale.
Ed è un grosso problema per chi voglia stabilire la cronologia: perché un processo nella notte, dopo la cena pasquale, pone alcuni interrogativi, almeno quanto all'obbligo del riposo durante un giorno di festa.

Abbiamo quindi due divergenze importanti.

La data del complotto, di questa riunione del sinedrio: per Matteo e Marco sarebbe il 12 di Nisan, per Giovanni è da far risalire probabilmente a ridosso della festa invernale della dedicazione del tempio, la Hanukkah, per Luca è impreciso.
Il tempio, in verità, entra anche nei racconti di Marco e Matteo, perché la decisione di uccidere Gesù fa seguito, nei loro vangeli, alla purificazione del tempio da parte di Gesù e all'ingresso in Gerusalemme.
Di fatto, chi reagisce sono i sommi sacerdoti: fino a questo punto Gesù non è arrivato ad un conflitto con i sommi sacerdoti, ha sostenuto costantemente dispute con gli scribi e i farisei, ma non con i sommi sacerdoti.

La seconda divergenza riguarda la causa della loro presa di posizione così dura. Per Giovanni fu la popolarità di Gesù, conseguente alla resurrezione di Lazzaro. Per gli altri quel doppio gesto: l'ingresso di Gesù in Gerusalemme e la purificazione del tempio.

Se leggiamo Malachia 3,3-4, cui fa seguito anche un testo non ufficiale, non canonico, il Testamento di Levi, dovere del Messia è purificare il culto del tempio. In questa prospettiva, non è tanto la paura di un tumulto che li motiva, ma il fatto che Gesù abbia cominciato ad interagire col tempio e voglia purificarlo in quanto Re Messia.

Abbiamo quindi due motivazioni diverse e una motivazione particolare per quanto riguarda il tempio.

In Giovanni 11,53, l'ultimo versetto del racconto della resurrezione di Lazzaro, leggiamo "da quel giorno dunque decisero di farlo morire".

Marco e Luca, cosa che Matteo non ha, presentano la decisione di uccidere Gesù molto prima e anche essi registrano la popolarità di Gesù.

Sembra quindi che Marco e Luca sdoppino il motivo: da un lato riconoscono che c'è una popolarità di Gesù che fa paura, e dall'altro che Gesù sta incominciando a provocare all'interno del tempio.

Mc 11,18: "Infatti ne avevano paura, infatti tutta la folla era stupita per i suoi insegnamenti".

Lc 19,47-48: "E insegnava ogni giorno nel tempio, i grandi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire così anche i capi del popolo, ma non trovavano come fare perché tutto il popolo pendeva dalle Sue labbra nell'ascoltarlo".

La popolarità di Gesù sembra quindi uno degli elementi della condanna.

Nei racconti successivi, in Marco soprattutto, la popolarità di Gesù è invece il motivo per cui bisogna trovarlo con l'inganno.
Il racconto dell'inganno coinvolge inesorabilmente la persona di Giuda e sarà a lui che dedicheremo la seconda parte di questa conferenza.
Personaggio molto discusso ancora oggi perché risulta difficile giudicare il motivo che lo induce a tradire Gesù.
Risulta, così, difficile giudicare in che cosa consistette quel famoso inganno ed anche ricostruire una storia della sua morte.

Circa la decisione di Giuda, abbiamo tre racconti coerenti in Matteo, Marco e Luca.
Giovanni ha qualche elemento in comune con Luca, non conosce però la scena in cui Giuda si presenta ai sommi sacerdoti, conosce solo il momento in cui il diavolo (questo è in comune con Luca) entra in lui. Giuda, dopo il boccone che Gesù gli dà, parte e il Signore gli dice: "Quello che devi fare fallo subito". I discepoli presenti non capiscono che cosa debba realmente fare, anche perché per Giovanni la cena viene prima della Pasqua: pensano che debba andare a comperare qualche cosa per la Cena pasquale.

In questo caso, abbiamo il racconto più lungo in Luca:

Luca 22,3-6:

"Satana allora entrò in Giuda che era del numero dei dodici, Giuda chiamato Iscariota. Ed egli andatosene si mise d'accordo coi grandi sacerdoti e i capi militari sul modo di consegnarlo ad essi. Essi si rallegrarono e convennero con lui di dargli del denaro. Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo senza che il popolo se ne accorgesse".

Questo lungo racconto ci dice innanzitutto che Giuda è uno dei dodici, caratteristica che troviamo anche negli altri vangeli, che si chiamava Iscariote e che se ne va per mettersi d'accordo con i sommi sacerdoti e i capi militari.

Matteo e Marco affermano semplicemente che se ne andò dai sommi sacerdoti.

È interessante, nel vangelo di Marco, il fatto che il movimento per andare verso i sommi sacerdoti è descritto come il moto dei discepoli verso Gesù, nel capitolo 3 al versetto 13: è un modo per esprimere il comportamento contrario a quello del vero discepolo. Il vero discepolo va verso Gesù, qui Giuda si allontana (e si dissocia dai dodici).

Luca e Marco hanno in comune l'idea che i sacerdoti rimangono piacevolmente sorpresi, si rallegrano (questo è un tratto lucano, Marco è stato corretto sulla base di Luca) e promettono di dargli del denaro.

Solo nel racconto di Matteo è Giuda che chiede del denaro, negli altri vangeli Giuda prende l'iniziativa e solo conseguentemente gli viene promesso del denaro, che potrebbe anche essere semplicemente offerto per risarcirlo di una perdita.

Non dimentichiamo che Giuda è un uomo della Galilea che ha lasciato tutto per seguire Gesù e che di conseguenza potrebbe aver bisogno di ritrovare con qualche mezzo la sua condizione precedente.

I trenta denari sono tali solo in Matteo (racconto il più influenzato dalla lettura dell'Antico Testamento):

Zaccaria 11,9-13

"Allora dissi: Non voglio più pascervi. Chi muoia, muoia, e chi si perde, si perda, e quelle che sopravvivono si sbranino a vicenda!. Presi quindi il mio bastone Benevolenza e lo spezzai per annullare l'alleanza che il Signore aveva stipulato con tutti i popoli. Fu spezzato in quello stesso giorno. I mercanti di pecore che mi osservavano compresero che quella era una parola del Signore. Io dissi loro: Se vi pare giusto, datemi il mio salario; se no lasciate stare!. Essi mi pesarono il mio salario: trenta sicli d'argento. Il Signore mi disse: Getta al fonditore il prezzo magnifico con cui sono stato stimato da loro!.

Allora presi i trenta pezzi d'argento e li gettai nella casa del Signore, al fonditore".

In questo racconto il profeta, o addirittura Dio, prende la figura di un pastore che cerca di lavorare per il bene di un gregge e, siccome viene rifiutato, fa prima un gesto di allontanamento, spezza il bastone, e poi dice: se voi pensate che io non sia all'altezza, almeno pagatemi il mio lavoro.

Se pensiamo che è Dio che si fa pagare per il suo amore capiamo il gioco: "datemi almeno dei soldi visto che non volete il mio affetto" e questi gli pesano il prezzo di uno schiavo: trenta sicli d'argento.

Il Signore che si sente pagato con quei trenta sicli d'argento, come uno schiavo, non li accetta: "Gettali al fonditore del tempio come offerta".

Questa citazione di Zaccaria gioca nel racconto che Matteo ci fa della morte di Gesù:

Mt 27,3-10

"Quando Giuda il traditore seppe che egli era stato condannato, preso da rimorso, riportò ai sommi sacerdoti e agli anziani le trenta monete d'argento (ne aveva parlato solo Matteo e continua con le sue trenta monete d'argento) e disse: Ho peccato tradendo il sangue innocente!. Essi risposero: Che ci importa? Te la vedrai tu!. Egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. I capi dei sacerdoti, prese le monete d'argento, dissero: Non si possono mettere nella casse delle offerte, poiché è prezzo di sangue. Quindi decisero in consiglio di comprare, con quel denaro il campo del vasaio, destinandolo alla sepoltura degli stranieri. Per questo quel campo si chiama fino ad oggi: campo del sangue (Acheldama). Allora si adempì quanto fu annunciato dal profeta Geremia che dice: Presero i trenta pezzi d'argento, il prezzo di colui che è stato venduto secondo il valore stabilito dai figli d'Israele, e li versarono per il campo del vasaio, come mi ordinò il Signore".

Il problema di questa pericope è che la frase citata, in Geremia, non esiste: o è la citazione di Zaccaria che abbiamo appena letto, oppure è la citazione di Zaccaria infarcita di altri elementi che troviamo effettivamente nel libro di Geremia. Geremia 32,6-15, per esempio, suggerisce l'idea dell'acquisto di un campo per diciassette sicli d'argento, era un campo in Anatot, nel suo villaggio d'origine. Il profeta ordina al suo segretario Baruc: "Prendi il contratto d'acquisto e mettilo dentro un vaso di terra", questa frase potrebbe essere all'origine del riferimento al vasaio.

Geremia 18,2-3 parla di vasai che operavano nel sobborgo detto Acheldama: il campo che sarebbe stato chiamato dai sommi sacerdoti col nome Acheldama, campo del sangue. Però dam, sangue, presenta la radice di edom, rosso: la creta con cui si fanno i vasi è rossa, quindi campo del sangue è un'interpretazione dell'evangelista.

Può darsi benissimo che ci sia una connessione col vasaio, come troviamo nel testo di Matteo: il campo del vasaio e che si chiamasse già "terra rossa, giardino rosso", perché si traeva da lì della terra creta per fare i vasi. Anche l'uomo si chiama Adam perché è fatto dalla terra rossa, l'adamah.
Il problema maggiore che pone il racconto di Matteo circa la morte di Giuda, e di conseguenza anche circa il suo ruolo e le sue intenzioni, sorge dal confronto con Atti, che presenta un racconto completamente diverso.

Atti 1,15-20

"In quei giorni Pietro levatosi in mezzo ai fratelli, riunite insieme circa centoventi persone, disse: Fratelli, era necessario che si adempisse la parola della Scrittura, predetta dallo Spirito Santo per bocca di Davide, riguardo a Giuda, il quale si fece guida di coloro che catturarono Gesù, (attenzione a quella parola: si fece guida di coloro che catturarono Gesù) dal momento che egli era stato annoverato tra noi e ricevette la sorte di questo ministero. Costui dunque si comprò un campo con il prezzo dell'ingiustizia, e precipitando si spaccò in mezzo e si sparsero tutte le sue viscere. Ciò fu noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, cosicché quel campo fu chiamato nel dialetto loro Acheldama, ossia campo del sangue. È infatti scritto nel libro dei Salmi: Divenga la dimora di lui deserta, e non vi sia chi abiti in essa, e: il suo ufficio lo prenda un altro".

Vi sono convergenze fra i due racconti, ma pure notevoli divergenze.

Le convergenze: c'è di mezzo un campo, quel campo si chiama Acheldama, ha qualche cosa a che fare col prezzo del tradimento, in entrambi i casi si deve adempiere la Scrittura ed in entrambi i casi Giuda muore di morte violenta.

Le divergenze: nel caso di Matteo, Giuda si impicca, si uccide per un moto, diciamo, di pentimento.

Nel caso di Atti, Giuda si compra il campo e l'ultima cosa che gli passa per la testa è di pentirsi.

Un suicidio in Matteo, ma una morte forse accidentale in Atti: una caduta che provoca lo squarcio dell'addome. Cadere in avanti può essere accidentale, ma non sempre..

Nel racconto di Matteo, Giuda getta le monete nel tempio imitando il gesto di cui parlava Zaccaria, invece nel caso di Atti, i soldi li tiene e li usa.

Nel caso di Matteo, il campo è comperato dai sacerdoti, invece in Atti è comperato da Giuda stesso; in Matteo il campo è interpretato campo del sangue di Gesù, e campo del sangue di Giuda nel caso di Atti.

Matteo sembra costruire il racconto con maggiori riferimenti all'Antico Testamento, la sua è una storia più edificante, Giuda riceve i trenta denari, poi si pente o, meglio, è preso da rimorso.

In questo sembra ricalcare la storia di Achitofel che troviamo in 2 Samuele 17: Achitofel, che aveva consigliato ad Assalonne l'uccisione di suo padre David, è un traditore che, poiché Assalonne non segue il suo consiglio, si impicca per evitare la punizione.

Teniamo presente che entrambi i racconti sono composti a distanza di tempo. In Atti Pietro dice: "nel loro dialetto", come se lui non parlasse la stessa lingua, l'aramaico degli Ebrei di allora. In Matteo abbiamo "fino ai giorni nostri quel campo si chiama Acheldama", quindi è passato del tempo.

Poniamoci adesso due problemi storici: in che cosa consistette il tradimento e quali furono i motivi di Giuda.

Sin qui abbiamo visto che Giuda potrebbe aver cercato insieme ai farisei e agli altri il come prendere Gesù con l'inganno senza che la folla se ne accorga.

È quello che abbiamo letto nel racconto di Matteo e di Marco.

La seconda possibilità è che Giuda indichi il quando prendere Gesù, visto che, sempre secondo il racconto di Matteo e Marco, non si vuole che si crei un tumulto: lo si deve trovare da solo in un dato momento.

Vi è una terza possibilità che è data dal racconto che abbiamo letto in Atti: "colui che aveva guidato coloro che catturarono Gesù", il ruolo di Giuda sarebbe quello di trovare il luogo dove Gesù si nasconde.

Quando leggeremo il racconto dell'arresto di Gesù, noteremo che il celebre segnale del bacio non è visto da tutti gli evangelisti come un segno.

Abbiamo una notizia interessante in Giovanni:

Gv 11,54-57

"Per questo Gesù non si mostrava più in pubblico fra i Giudei, ma se ne andò da lì, in una regione vicina al deserto, in una città chiamate Efraim, e lì rimase con i suoi discepoli. Era prossima la Pasqua dei Giudei e salirono molti a Gerusalemme dal paese prima della Pasqua per purificarsi. Cercavano Gesù e dicevano fra loro stando nel tempio: Che ne dite? Non verrà alla festa?. Ma i sommi sacerdoti e i farisei avevano impartito l'ordine che se qualcuno sapeva dove si trovava, lo denunciasse, cosicché lo potessero arrestare".

C'è una qualche località in cui Gesù poteva trovarsi e dove avrebbero dovuto andarlo a cercare.

Nel capitolo 12 di Giovanni però leggiamo che molta folla venne a sapere dove era Gesù, cioè che era a Betania, e sono delle persone che partecipavano alla festa, che quando Gesù da Betania scende su Gerusalemme, lo accolgono osannandolo.

Qui si pone un altro piccolo problema, che tratteremo più in dettaglio altrove.

Dice Lc 22: "I grandi sacerdoti e gli scribi cercavano come sopprimerlo perché temevano il popolo": è la stessa teoria di Giovanni, Gesù poteva essere all'origine di un tumulto.

Però abbiamo visto che Luca e Giovanni anticipano questa decisione, non ci dicono che fu presa così a ridosso della Pasqua.

Nel racconto dell'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme abbiamo due posizioni anche qui nettamente distinte. Una è quella dei documenti A e B: Gesù invia i suoi discepoli a prendere l'asinello ed entra su di esso in città.

L'asinello era il segno del Messia perché una profezia di Zaccaria ne faceva il simbolo del re davidico.
Col suo atteggiarsi, Gesù provoca quell'osannare delle folle.
Nel vangelo di Giovanni, invece, Gesù entra in Gerusalemme, la folla si esalta, qualcuno trova un asino e lo mettono in sella.
In un caso Gesù causa un tumulto, dal punto di vista dei romani e dei sommi sacerdoti, nell'altro si trova coinvolto in un tumulto.
Un qualcosa che va in questa stessa direzione lo troviamo nel vangelo di Marco (Mc 15,7), che a proposito di Barabba parla del tumulto (con l'articolo), come se tutti ne fossero al corrente.

A questo punto, per spiegare le motivazioni di Giuda e dei sommi sacerdoti possiamo ipotizzare due quadri: da un lato Gesù provoca un tumulto popolare (è la visione dei sinottici) con l'ingresso trionfale in Gerusalemme.
In questo caso i sommi sacerdoti hanno paura: vogliono catturarlo ma hanno paura che si scateni un altro tumulto se lo catturano durante la festa.

Oppure, c'è un tumulto in cui Gesù viene coinvolto è il quadro che ci danno Luca e soprattutto Giovanni — e per questo i sommi sacerdoti ritengono di dover togliere di mezzo un capo popolo: non hanno paura di un tumulto, hanno paura che se Gesù rimane vivo — è la teoria di Giovanni — ci sarà una repressione da parte dei romani.

In questo quadro, perché Giuda agisce?

I vangeli sembrano puntare sulla cupidigia: vuole dei soldi. Tuttavia, vi ho fatto già notare che solo nel vangelo di Matteo egli chiede del denaro, e solo dal racconto di Matteo sappiamo che ricevette i soldi subito, poiché li getta nel tempio prima ancora che Gesù sia ucciso.

Nel racconto di Atti può aver benissimo ricevuto i soldi più tardi, gli sono solo promessi.

Qualcun altro ha voluto cercare un motivo politico: Giuda è deluso da Gesù perché si presenta come un Messia sofferente.

Altri hanno addirittura proposto delle motivazioni di tipo affettivo.

Credo che l'ipotesi più realistica, se vogliamo stare al documento C (con Luca e Giovanni) sia questa: Gesù arriva a Gerusalemme, effettivamente compie dei gesti che possono esaltare soprattutto la folla dei galilei venuti a Gerusalemme per la festa. In maniera più o meno indipendente dalla volontà di Gesù, all'interno di un tumulto più generale, viene acclamato dalla folla come Figlio di Davide cioè come Re Messia (o ci si ricorda di questo avvenimento).

Preferisco la teoria di Giovanni: qualcuno lo volle proclamare Re. Evidentemente, Gesù non si tira indietro, anche se ha sempre avuto molta paura di un'affermazione umana della sua messianicità, e viene considerato come uno degli agitatori.

Se vogliamo credere a Giovanni, Gesù si ritira in un luogo deserto o comunque si ritira in un luogo, probabilmente Betania, che si trova oltre la cima del Monte degli Ulivi: da lì si può facilmente raggiungere il deserto, da quel luogo avrebbe potuto benissimo fuggire.
I sommi sacerdoti vogliono qualcuno che indichi loro dove trovarlo, perché quel segno del bacio oggettivamente è un pò strano.
Il motivo di Giuda, per me non è da cercare tanto in là: Giuda si dissocia da una situazione già tesa; tutto gira intorno a quel tumulto: Giuda ha paura.

Con Marco, Luca e Giovanni, i sommi sacerdoti gli propongono del denaro, non è lui che lo chiede, non è avido: ha fifa perché la situazione si è gonfiata in maniera incontrollabile, dal suo punto di vista, ed allora, semplicemente, denuncia dove Gesù si rifugia e guida, come dice il testo di Atti più vicino al documento C (comune a Luca e Giovanni), gli armigeri al di là del torrente Cedron perché possano catturare Gesù.

Giovanni non parla del Getzemani, ma di un posto al di là del torrente Cedron "noto a lui e ai suoi discepoli", probabilmente vicino a Betania.

Anche circa la morte di Giuda, mi fido più del documento C, quindi di Luca negli Atti: Giuda si è dissociato, ha partecipato alla repressione di un tumulto più generale (perché non viene arrestato solo Gesù, ma anche Barabba, secondo quella notiziola che abbiamo in Marco, e i due "briganti", leggi rivoltosi) e viene identificato come uno degli agitatori e - è ancora il testo di Giovanni che ci aiuta - preso come capro espiatorio. "È meglio che muoia uno per il popolo che non tutto il popolo perisca", per evitare l'intervento diretto dei romani si preferisce fare una sorta di giustizia interna.

Vedremo in seguito le formalità dell'arresto di Gesù.

 

Dibattito

Il padre ha detto che si schiera più dalla parte di un Giuda che ha paura. A questo punto mi domando: se accettiamo questo Giuda pauroso e non il Giuda che da sempre ci hanno dipinto come traditore tra virgolette, mi pare che la figura di Giuda di poco si elevi, almeno per me, perché la paura può essere un sentimento comunque comune a tutti gli uomini, anche a quelli onesti, mentre già essere traditore ti dà un segno, un marchio.

Io che ho creduto sempre e preciso che mi baso sempre molto sulla fede perché è bello sapere queste cose, però quando non ci arrivo dico al Signore di aumentare la mia fede, cioè mi piace molto credere per fede, forse perché certe cose non le ho capite quindi vado avanti, adesso che invece mi trovo nella condizione di capire, da che parte mi devo schierare io, chi devo cercare? Giuda traditore o Giuda impaurito perché se cerco Giuda impaurito dico: potrei avere paura anch'io e mi rivedo in Giuda come d'altronde mi rivedo in Giuda traditore.

Ma a quale figura mi devo attaccare?

Tutte e due vanno bene: si può essere traditore per venalità come per paura.
La figura di Giuda è tradizionalmente legata alla venalità. Giovanni, in altro contesto, quello dell'unzione di Betania, ne fa eco. L'idea che ricevette del denaro (i trenta denari sono simbolici) può aver influito sulla tradizione che lo vede come un traditore per denaro.
Secondo me ci sono alcuni elementi importanti.

Primo: riuscire a valutare quel famoso tumulto: siamo in un periodo di profonde tensioni, i sacerdoti devono uscirne e vedremo come anche la loro accusa può aver un riferimento a queste tensioni.
Gesù viene identificato come uno che si pretende Re Messia, e poteva essere responsabile almeno di una parte di esse.
Giuda sembra essere colui che si dissocia dal gruppo, perché se ne va, si allontana soprattutto moralmente: "se ne andò verso i sommi sacerdoti".
Il tradimento vero è aver volto le spalle alla persona di Cristo.
Tenete presente che il verbo tradire, nel significato latino come nel greco paradidomi è pure il verbo della tradizione (paradosis): è il verbo del consegnare.
Per noi, carichi delle memorie del Nuovo Testamento, è un fatto intimo, ma di per sé tradire vuol dire semplicemente consegnare, per questo dalla stessa radice viene l'idea di tradizione.
Cosa sono le tradizioni: quelle cose che mi sono state consegnate dai miei avi; quindi consegna, tradimento, è una valutazione morale che diamo noi perché abbiam letto i vangeli ed altri testi.
Di per sé, il termine evangelico, se tradotto letteralmente, vuol dire "colui che lo avrebbe consegnato" che non è una cosa carina, implica un tradimento evidentemente, però si allinea sull'idea di Caifa: ci vuole qualcuno da mettere sulla gogna per evitare grane peggiori. Giuda accetta, propone di far trovare Gesù nel luogo in cui si ritirava.

Oggi ci sono due tendenze che emergono fra gli esegeti anche se troppo influenzate secondo me da interessi di tipo ideologico: una vorrebbe decolpevolizzare Giuda al massimo, anche perché, effettivamente, il nome che si porta addosso ha spesso avuto a che fare con storie di antisemitismo: Giuda, giudeo.

L'altra tendenza afferma che Gesù fu vittima di una repressione generale e solo i vangeli ci danno l'idea di questa morte unica, come se la persecuzione avesse solo per caso coinvolto i due ladroni ed un certo Barabba.

Secondo me, è un pò esagerato dire che Gesù fu uno dei tanti uccisi in quella Pasqua: è evidente che i vangeli ci danno da pensare che ci sia stato un tumulto e che si dovesse fare una repressione; in quel tumulto Gesù viene identificato, forse neanche del tutto per colpa sua, come il protagonista, si ritiene di doverlo eliminare. Giovanni ci dice con il suo linguaggio molto sviluppato per calmare i romani, cioè fu "consegnato" ai pagani.

Credo che l'estremismo di alcuni che sostengono che Gesù in fondo fu una delle tante vittime di una delle tante repressioni a Gerusalemme, e che solo i suoi discepoli hanno visto una sua centralità, sia un pochino esagerato; però dobbiamo ricostruire un quadro ampio degli avvenimenti.

Il ruolo di Giuda pare sia quello, almeno io credo, di far trovare Gesù; che poi lo abbia baciato come segno di rispetto è molto probabile, ma che quello fosse un segno mi sembra molto strano: Gesù era ben conosciuto senza bisogno che qualcuno andasse ad identificarlo; si poteva fare in altra maniera, bastava un cenno del dito.

Volevo fare una domanda sui documenti che rappresenterebbero la fonte dei Vangeli: mi pare di capire che l'esistenza di questi documenti viene dedotta a posteriori da coloro che hanno preso in esame comparativamente i vangeli.

Vorrei sapere se ce n'è traccia in altri documenti dell'epoca o in epoca successiva o se è solo una deduzione dall'esame comparativo dei vangeli, poi quando è nata questa interpretazione, in epoca ellenistica, in epoche successive, chi ci ha pensato per primo, a chi è venuta l'idea dell'esame comparativo e in quale epoca.

Rispondo subito che non c'è stato bisogno di una scoperta, perché Luca dice di aver letto cose scritte da altri: capire poi che cosa avesse in mano Luca, questo è più complesso.

L'esame comparativo è dato dalla grande esegesi prebizantina che comparava i vari vangeli. È lo stesso periodo in cui nasce, però, anche il tentativo che la Chiesa blocca, per fortuna, di fare le armonie dei vangeli (una la compose anche S. Agostino).

Mettere insieme una notizia di uno, una notizia dell'altro, in modo da fare un bel raccontino coerente, mentre la cosa più interessante sono le incoerenze, perché un raccontino coerente può essere inventato a tavolino, le incoerenze ci dicono che c'è sotto qualcosa di fattuale che ci permettono anche di ricostruire.

La teoria dei documenti: se avete pazienza cerco di riassumere al massimo la problematica.

Vi ho detto che i vangeli canonici sono molto diversi e molto simili, quindi c'è sotto un gioco di veline, di documenti previ a cui attingono.
Come si sono formate? Ci sono stati due grandi movimenti di pensiero nel secolo XX, ma anche a partire dal precedente, soprattutto in Germania.

Il primo movimento, cosiddetto "della storia e delle forme", ha enucleato, all'interno dei vangeli, il fatto che certi racconti, certi insegnamenti, certi passi, hanno delle strutture fisse fatte per favorire la memorizzazione.
Quindi, i vangeli ereditano delle formule già preparate, segnate ad esempio dalla rima (pensate alle beatitudini: Beati…, Beati…, Beati…), che son state costruire per la memorizzazione, durante una fase di trasmissione orale.

Oggi non si può più parlare di una fase di trasmissione orale pura, come se non ci fosse stato assolutamente niente di scritto, perché le due cose andavano insieme.

Poi, questa fase orale sarebbe stata seguita da una fase di raggruppamento per temi di questi spezzoni, lo spezzone maggiore sono i racconti della Passione e poi il seguito dei vangeli.

La seconda grande scuola, anche questa di origine tedesca, è stata invece la scuola della "storia della redazione"; essa ha cercato di focalizzare la personalità di ciascun evangelista e di vedere come aveva elaborato il materiale che gli era pervenuto.

Queste scuole hanno portato moltissimo alla ricerca sui vangeli. Più di recente, si è incominciato a lavorare sui documenti previ. Consideriamo che il vangelo di Marco ha sedici capitoli e i vangeli di Luca e di Matteo superano i venti, anche di parecchio. Perché? Perché nel vangelo di Marco mancano i discorsi: per otto capitoli Marco ci dice che Gesù insegnava, ma non riporta mai che cosa diceva, tranne qualche polemica con i farisei.

Si vede che esisteva una "fonte dei discorsi", una raccolta di detti di Gesù, e una "fonte narrativa", una storia della vita di Gesù.
In Marco abbiamo solo la storia, gli altri avevano un altro documento con le frasi di Gesù: Luca e Matteo le hanno fuse assieme.
Questo ha portato alla scoperta della famosa fonte Q, così chiamata dal tedesco quelle, che vuol dire appunto fonte.
Forse, diverse raccolte dei detti di Gesù, degli insegnamenti del Maestro.
Sono qui presenti alcune suore e suppongo che le loro madri fondatrici abbiamo lasciato dei quaderni, degli insegnamenti e che le prime discepole abbiano appreso questi insegnamenti, poi qualcun altro ha scritto la biografia. Mentre la madre fondatrice era in vita, nessuno scrisse una biografia, mentre tutte prendevano appunti sui suoi insegnamenti. Le due fonti son state fuse in Matteo e Luca.
Questo fenomeno ha portato alla cosiddetta "teoria delle due fonti", semplificando il problema: una per la narrazione, una per i discorsi.
Però si sono osservati altri due fatti: il primo è che abbiamo nei vangeli dei doppioni (questo vale anche per Marco che è il più corto): due moltiplicazioni dei pani per esempio, certe notiziole anche banali.

Altri casi. L'ultima cena: nel racconto di Luca troviamo due coppe, due frasi diverse una su ciascuna coppa, negli altri vangeli avete le stesse due frasi fuse insieme per una coppa sola: c'è stato un lavoro di fusione dei due documenti fra loro paralleli.

L'agonia nell'Orto degli Ulivi: in Luca, Gesù va una sola volta a pregare, poi torna e trova i discepoli addormentati, negli altri va a avanti e indietro: probabilmente perché sono stati fusi insieme dei racconti diversi.

Questo fenomeno dei doppioni ha permesso di separare i documenti A e B: A sarebbe il primo documento narrativo sulla storia della vita di Gesù fatto per comunità di ambito ebraico, B lo stesso documento rivisto per comunità di tipo ellenistico.

Poi c'è l'altro fenomeno di cui vi ho parlato all'inizio: in certe sezioni, soprattutto quando si tratta di avvenimenti successi a Gerusalemme, Luca e Giovanni vanno in un senso, Matteo e Marco in un altro.

Vi ho fatto il caso di Maria, ma ci sono tanti dettagli di questo tipo.

Bisogna aggiungere un documento che origina dalla comunità di Gerusalemme, probabilmente molto più vicino agli avvenimenti.

In un'ultima fase, i vangeli sono stati limati, da redattori e scribi, l'uno sull'altro.

I documenti si ritrovano anche in altri scritti: la Q soprattutto, la raccolta dei detti di Gesù che troviamo in altri vangeli cosiddetti apocrifi, i quali sono apocrifi perché composti un pò lontano dagli avvenimenti e dai luoghi, per finalità che possono anche essere settarie, ma utilizzando documenti antichi.

Oggi si sta studiando molto il vangelo di Tommaso, che è un vangelo gnostico, perché sembra che abbia molte tracce della Q, dei detti di Gesù.

Ma questo fenomeno appare anche all'interno del Nuovo Testamento.

Dice Paolo, citando il Signore: "c'è più gioia nel dare che nel ricevere". Se andate a leggervi tutti i vangeli, quella frase non la trovate. Perviene a S.Paolo da una raccolta di detti di Gesù.

 

NOTA

1 È impossibile, in questa sede, render conto dell'enorme bibliografia riguardante l'analisi storicoletteraria dei racconti della passione e della sepoltura di Gesù. Mi limito, pertanto, a due opere fondamentali: Benoit P., Passione e resurrezione del Signore. Il mistero pasquale nei quattro evangeli, Torino 1967 (trad., Passion et resurrection du Seigneur, Paris 1966); Brown R.E., The Death of the Messiah. From Gethsemane to the Grave, New York 1994. È impossibile, in questa sede, render conto dell'enorme bibliografia riguardante l'analisi storicoletteraria dei racconti della passione e della sepoltura di Gesù. Mi limito, pertanto, a due opere fondamentali: Benoit P., Passione e resurrezione del Signore. Il mistero pasquale nei quattro evangeli, Torino 1967 (trad., Passion et resurrection du Seigneur, Paris 1966); Brown R.E., The Death of the Messiah. From Gethsemane to the Grave, New York 1994. Quest'ultima opera propone, per ogni sezione dei racconti, una bibliografia scelta.