La Spiritualità dei Laici: Quale Apostolato per il laico Domenicano
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QUALE APOSTOLATO PER IL LAICO DOMENICANO

La valorizzazione dei laici, cominciò a realizzarsi per opera dei grandi ordini religiosi, i quali all'inizio della loro fondazione si arricchirono di laici impegnati, dando vita ai quei "terz'ordini" di cui parlava Padre Alberto prima.

Tutti i grandi ordini religiosi avevano la parte laicale con una terminologia (terz'ordine) che oggi, è stata trasformata nel termine "famiglia". Noi abbiamo la famiglia domenicana composta da frati, contemplative, suore, laici.

Io mi auguro che venga il giorno in cui le componenti della famiglia domenicana possano avere esperienze comuni di vita e di apostolato per rispondere alle esigenze del nostro tempo e alle attese della chiesa e del mondo. Non so come, non so quando, ma certamente questo avverrà, sicuramente avverrà e sicuramente anche a Cagliari.

Gli ordini religiosi, compreso il domenicano, nel corso dei secoli hanno valorizzato i laici nella maniera in cui si poteva, divenendo così gli anticipatori dei grandi movimenti laicali sorti alla fine del secolo scorso.

Prima di addentrarmi nella spiritualità laicale domenicana vorrei ancora sottolineare quello che padre Alberto ha detto ieri sera: non si tratta da parte nostra di presentarvi la spiritualità domenicana come la presentiamo per coloro che fanno già parte della famiglia con il vincolo della professione. Vogliamo presentarvi la nostra spiritualità nel modo con cui la respirate vivendo a contatto con noi.

Quando uno frequenta una persona respira la personalità di questa persona, quando uno frequenta un domenicano, quando uno ascolta una lezione di un domenicano, di un gesuita di un francescano, di un carmelitano, respira le rispettive spiritualità.

Non c'è bisogno di dire: io vi predico da domenicano: si predica e basta; la nostra formazione è quella, ciascuno ha la sua e nessuna è superiore alle altre, ma tutte contribuiscono ad arricchire la chiesa con i propri carismi.

Qual è questa spiritualità? Per presentarla in maniera semplice vorrei richiamare alcuni principi proclamati dal Vaticano I I dei quali vi ho parlato nelle sere precedenti.

La condizione del laico costituisce una vera ricchezza teologica, in quanto consacrato con il Battesimo, confermato nella fede con la Cresima, corroborato con l'Eucarestia diviene partecipe della potestà regale, sacerdotale e profetica di Cristo. Tale ricchezza scaturisce perennemente dal mistero pasquale di Cristo reso operante in ogni tempo e luogo dallo Spirito Santo mediante i segni sacramentali della chiesa.

Quindi non diciamo niente di nuovo quando diciamo che vogliamo che voi siate predicatori con noi, perché voi mediante il Battesimo e la Confermazione, avete avuto il potere di annunciare, di parlare in nome di Cristo, di parlare per Cristo, di parlare di Cristo.

È chiaro, è Cristo che continua a redimerci, è Cristo che continua a salvarci, è Cristo che continua a darci la sua grazia attraverso il mistero pasquale che è reso presente dalla chiesa stessa attraverso il sacramento dell'Eucaristia.

Proprio perché c'è l'Eucarestia, ci può essere il Battesimo, la Confermazione e tutti quanti gli altri sacramenti, proprio perché c'è l'Eucarestia, c'è la chiesa e l'Eucarestia è la realtà che porta attraverso i secoli la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, realtà che sole possono salvare ancora oggi e per sempre..

Credo che tutti voi ricordiate il bellissimo inno di Alessandro Manzoni, la Pentecoste che nei primi versi recita: "Madre dei Santi, immagine della città superna, del Sangue incorruttibile conservatrice eterna… ".

Proprio perché conserva questo sangue incorruttibile, la chiesa può salvare non solo quelli che fanno parte di essa ma tutti quanti gli altri, quelli di cui parlavo ieri sera. Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini chiamandoli alla conoscenza della verità e li salva proprio perché è la chiesa che conserva il Sangue di Cristo, lo conserva nell'Eucaristia.

È bellissima quest'idea teologica espressa da Alessandro Manzoni: proprio perché noi conserviamo il Sangue di Cristo, il mondo può essere salvato ancora oggi. Non solo i cristiani ma tutti quanti gli altri.

Questa potrebbe essere una bella risposta a quelli che si sono scandalizzati per l'ultimo documento della Congregazione per la dottrina della Fede, sulla salvezza nella e per mezzo della chiesa.

Il laico è abilitato e continuamente sollecitato a compiere la missione di salvezza nei settori specifici della sua competenza.

L'ulteriore chiamata da parte dello Spirito a seguire Cristo secondo la verità, la spiritualità e il carisma di S.Domenico suscita una maggiore responsabilità e richiede un maggiore impegno personale nell'orientare la vita verso i valori domenicani dell'evangelismo, della contemplazione e della predicazione.

Appartenere ad un ordine religioso significa avere un aiuto per portare innanzi quella consacrazione di cui parlavamo nelle sere precedenti. Significa partecipare di una spiritualità, significa partecipare dei favori, dei tesori che contiene un ordine religioso attraverso i meriti conquistati da tutti i Santi, da tutte le persone buone che vi hanno appartenuto nel corso dei secoli. Significa avere alle spalle una forza che può garantire ai laici di avere qualcuno che si affianca loro e li aiuta a camminare.

I valori della spiritualità domenicana, sono:

L'evangelismo, la contemplazione e la predicazione.

Evangelismo significa la sete, la voglia di annunciare il Vangelo a tutti i costi, come ha fatto S. Domenico. Un Vangelo che per essere annunciato richiede di essere contemplato, di essere preso, di essere compreso, di essere conquistato, di essere sviscerato per poterlo portare agli altri.

Come si annuncerà se non si conosce? Bisogna conoscerlo attraverso lo studio. S. Domenico aveva capito questo. Oggi è più che mai impellente lo studio della verità per motivare la fede e affrontare il mondo secolarizzato.

S. Domenico volle che nella chiesa ci fosse una milizia di avanguardia che fondasse la propria fede sullo studio e la contemplazione.

Non uno studio finalizzato a se stesso, ma uno studio finalizzato alla contemplazione, finalizzato alla predicazione. Esempio fulgidissimo di questo studio fu S.Tommaso d'Aquino. Fu lui che condensò l'ideale domenicano racchiudendolo nell'espressione. "Contemplata aliis tradere".

S. Domenico pensava allo studio in questo senso: lo studio come ricerca della Verità che è Dio stesso e quindi come materiale per contemplare, pensava alla contemplazione come realtà che immerge nel mistero.

Allora il laico domenicano è chiamato come tutti i laici, ma con l'aiuto della famiglia domenicana, a costruire, come abbiamo detto nelle altre sere, il Regno di Dio che è un Regno eterno e universale, regno di giustizia, di verità e di vita, di santità, di amore e di pace, come si prega nel prefazio della festa di Cristo re.

Anche i primi versetti del Padre Nostro presentano la stessa prospettiva: "Padre sia fatta la Tua volontà, venga il tuo regno" perché la chiesa esiste proprio perché venga il regno di Dio e i laici sono chiamati a lavorare nella chiesa, con la chiesa e per la chiesa per la costruzione del regno di Dio.

Perché questo regno di Dio si realizzi è necessario la collaborazione degli uomini. Gesù agli apostoli ha detto: "Andate, predicate, annunciate… Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato".

Poteva inviare degli angeli ad evangelizzare; ha inviato invece i suoi discepoli e i suoi discepoli a loro volta hanno inviato altri discepoli e tutti quanti noi quando veniamo consacrati, nel battesimo come abbiamo detto, riceviamo il potere di andare ad annunciare il Vangelo, ciascuno secondo il proprio carisma, ciascuno secondo il proprio stato di vita.

La collaborazione umana è necessaria, l'impegno personale dei credenti laici è necessario perché la dignità laicale è un motivo qualificante della missione evangelizzatrice, della predicazione.

Noi non potremmo evangelizzare molti ambiti della vita umana se non ci fossero i laici a farlo.

I laici sono una milizia importantissima e quindi noi domenicani dovremmo curarli di più e meglio per averli accanto a noi, non come subalterni o come appartenenti ad una categoria inferiore ma come interlocutori maturi, con le loro caratteristiche, con i loro carismi.

Il codice di diritto canonico nel Libro II parte I riguardante i fedeli laici, al n. 225, così sintetizza il pensiero del Concilio: "I laici hanno l'obbligo e il diritto di impegnarsi affinché l'annunzio della salvezza venga conosciuto e accolto in ogni luogo. Tale obbligo li vincola ancora di più in quelle situazioni in cui solo per la loro presenza, si può ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo. Per questo i laici hanno il dovere specifico e primario, ciascuno secondo la propria condizione, di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali e di essere docili allo Spirito per rendere testimonianza a Cristo, specialmente nel trattare le cose temporali".

Sempre nello stesso capitolo, al n.229, il codice afferma che per essere in grado di vivere la dottrina cristiana, per poterla annunciare e difenderla e per partecipare all'esercizio dell'apostolato, i laici hanno l'obbligo di acquisire tale cultura in modo adeguato alle capacità e alle condizioni di ciascuno.

Non a caso la regola e il direttorio delle fraternite laiche domenicane concordano nella raccomandazione di tendere alla perfezione, lasciando alla responsabilità comunitaria e individuale l'aggiornamento spirituale e culturale che è caratteristico dell'ordine.

Un aggiornamento che va in due direzioni: la conoscenza della realtà che si deve evangelizzare e la conoscenza della verità che deve essere immessa in questa realtà.

È chiaro che per questo si richiede un grande studio che si fa singolarmente e insieme ai frati e alle religiose.

Noi abbiamo bisogno di portare nella nostra cultura i valori che la possano elevare davvero da tutti i punti di vista:"I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù: questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'opera, mediante la quale la cultura umana acquisti il suo posto privilegiato nella vocazione integrale dell'uomo.

L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna dell'universale famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nello stesso tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.

L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e occupandosi di arte, può contribuire moltissimo ad elevare la umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e ad un giudizio di universale valore: in tal modo questa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, ricreandosi nell'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.

Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi più speditamente al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi sotto l'impulso della grazia, si dispone a riconoscere il Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come " luce vera che illumina ogni uomo " (Gv. 1, 9).

Certo, l'odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze, viene innalzato a torto a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo, troppo fidandosi delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e più non cerchi cose più alte.

Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: lo studio delle scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e anzi proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutto questo può in qualche modo essere una preparazione a ricevere l'annunzio del vangelo; preparazione che può essere informata dalla divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo. Fra il messaggio della salvezza e la cultura umana esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo, fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche.

Parimenti la chiesa, vivendo nel corso dei secoli in condizioni diverse, si è servita delle differenti culture, per diffondere e spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli.

Ma, nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, la chiesa non si lega in modo esclusivo e indissolubile a nessuna stirpe o nazione, a nessun particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente della sua missione universale, è in grado di entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la chiesa stessa quanto le varie culture.

La buona novella di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda come dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito e le doti di ciascun popolo. In tal modo la chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà interiore. Per i motivi suddetti la chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale, di coltivare il senso religioso, morale e sociale.

Infatti la cultura, scaturendo dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della persona e della comunità, sia particolare sia universale, entro i limiti del bene comune.

Il sacro concilio, richiamando ciò che insegnò il concilio Vaticano I, dichiara che "esistono due ordini di conoscenza" distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la chiesa non vieta che " le arti e le discipline umane (...) si servano, nell'ambito proprio a ciascuna, dei propri principi e di un proprio metodo "; perciò, "riconoscendo questa giusta libertà", la chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.

Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente investigare il vero, manifestare e diffondere la sua opinione, e coltivare qualsiasi arte; esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi di carattere pubblico.

È compito dei pubblici poteri non determinare il carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i sussidi atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le minoranze di una nazione. Perciò bisogna innanzitutto insistere che la cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere economico" .

Voi sapete che S.Domenico fu inviato nel mondo per la predicazione del Vangelo: "Tu inviasti nel mondo assetato Domenico per l'annuncio del Vangelo" (Prefazio della festa di S. Domenico).

Nella prima letteratura domenicana, leggiamo che S. Domenico fu presentato al mondo da Maria santissima come segno della misericordia di Dio.

S. Domenico dunque è colui che predica il Vangelo per dimostrare al mondo la misericordia di Dio e questa misericordia unita al desiderio di evangelizzare sono le coordinate della vita del nostro fondatore. Cosa significa? Significa che noi vogliamo predicare per l'amore che abbiamo verso gli uomini, nostri fratelli, perché siamo preoccupati dell'ignoranza, siamo preoccupati della lontananza di tante persone che potrebbero conoscere la Verità e non la conoscono perché non c'è qualcuno che gliela vada ad annunciare.

Una misericordia che non è solamente quella di dare all'uomo la verità, ma è anche capacità di spezzare il pane e i mezzi con coloro che ne hanno bisogno, come faceva Domenico che dava tutto agli altri e non esitò a vendere i libri per sfamare un povero dimostrando così una sensibilità non comune perché sacrificò ciò cui teneva più di tutto per soccorrere un fratello nel bisogno. È rimasta viva la sua espressione: "Non posso studiare su pelli morte quando c'è qualcuno che muore di fame".

Giordano di Sassonia, di S. Domenico scrisse: "Il Signore gli ha concesso la grazia di piangere per i peccatori, per gli ignoranti, per gli afflitti e gli infelici le cui sventure porta come peso nell'intimo del cuore, e l'amore per essi glielo brucia all'interno prorompe al di fuori, attraverso l'apertura degli occhi". Egli soffriva e piangeva quando vedeva qualcuno soffrire perciò si adoprerò per saziare chi moriva di fame e di verità.

La vita di quelli che seguono S.Domenico deve essere impostata nella stessa maniera cioè nel desiderio di evangelizzare e nel desiderio di andare incontro alle persone proprio facendo evangelizzazione per amore, non per proselitismo.

Nel corso dei secoli tantissimi uomini e donne hanno vissuto questa spiritualità testimoniando Cristo sulla scia di S. Domenico.

Un'altra caratteristica della sua personalità era questa: "Parlava o con Dio o di Dio". Mentre parlava di Dio parlava con Dio, dopo aver parlato di Dio, parlava con Dio, e così la sua predicazione fu efficacissima. Questo parlare con Dio si traduceva nella contemplazione perché solo da essa poteva scaturire la predicazione. Questo deve valere per qualunque domenicano anche laico. La predicazione sarà efficace quando partirà da animi contemplativi.

Il laico domenicano è chiamato a fare anche questo, quindi per parlare di Dio deve parlare con Dio.

La spiritualità domenicana è una spiritualità di gioia e di serenità.

Per un domenicano la predicazione deve essere precisa, corretta, seria, impegnata, senza sconti, però una predicazione che allarghi il cuore, non una predicazione che metta la cappa di piombo sulle persone, perché Dio ha mandato Gesù Cristo, per salvare, per portare la gioia e la pace: "Queste cose io vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena".

Non c'è una testimonianza più bella nella predicazione, che vedere delle persone che hanno la gioia nel volto, la serenità nel volto, non quella a buon mercato di incoscienti che non sanno i problemi, ma di quelli che hanno una serenità di fondo attraverso la quale riescono a risolvere meglio i problemi della vita che qualche volta ci attanagliano talmente tanto da farci diventare tristi.

Parlare di Dio, parlare per Dio. Si dice nel processo di beatificazione: "Il beato Domenico voleva che i suoi, frati, suore, parlassero di Dio nelle Chiese, nelle case, nei campi, per le vie, ovunque, dopo aver parlato con Dio".

In questa spiritualità di cui ho narrato brevemente vi è un trittico di riferimento: Domenico, uomo evangelico; Tommaso, dottore comune; Caterina, una vita per la chiesa e per gli altri. Un trittico che riassume tutta la spiritualità domenicana.

Per concludere, auguro a tutti quanti voi di riscoprire la vostra dimensione laicale da realizzare con l'aiuto dei confratelli domenicani per rispondere sempre meglio alle attese e alle sfide del nostro tempo.