Quinto invio: dal 15 marzo 2008 |
Missioni
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Miei cari, oggi è domenica delle palme: domingo de ramos. Abbiamo passato tutta la mattina in chiesa tra processione e Messa. Vi pensiamo sempre con molto affetto e specialmente in questi giorni santi che precedono la Pasqua vi chiediamo di restarci vicini perché saremo molto impegnati nelle celebrazione nelle aldee. Qui tutto va per il meglio. È arrivato Fabrizio da un giorno e sembra che sia sempre vissuto qui! Ieri sera c'è stato un incontro al Centro Poliformativo con 55 missionari che venivano qui a Dolores in aiuto ai padri, per l'evangelizzazione delle aldee: vi parlerò diffusamente di questo appena possibile. Ho tenuto loro una riflessione sulla urgenza di rispondere alla missione: mi sembra che tutto sia andato bene, nonostante l'arrancare del mio spagnolo. Ora vi lascio alla lettura di una pagina particolarmente interessante. ciao p. Alberto 15 marzo 2008, sabato La casa parrocchiale dove veniamo accolti con molta amicizia da un padre Filippino e un seminarista, ci fa capire che noi viviamo in una "reggia". Qui abbiamo informazioni più precise sull'aldea dove siamo diretti: apprendiamo che si chiama Nuevo San Fernando. E' un'aldea Quechì: una etnia maya che ha conservato costumi di vita particolari, anche nel vestire, e, soprattutto, una lingua particolare: il Quechì. Nessuno sa bene dove si trovi quest'aldea ma solo ne conoscono press'a poco l'ubicazione. Benedizioni varie del pro-vicario, discorsi di accoglienza e finalmente la processione si muove. Si fa per dire perché si cammina lentamente che più lentamente non si può: questo sole proprio non ce lo dobbiamo perdere! Tutti sono a piedi, solo io sul carro (la macchina) di Monsignore: la devo condurre alla nuova chiesa. Mi arrivano notizie da Rita e Mario. Vedo la chiesa da lontano: è in muratura, tutta bianca: sembra bella. Finalmente la processione arriva alla chiesa. La porta è chiusa e davanti alla porta il nastro di inaugurazione. Parcheggio il carro e scendo a fare fotografie. Il corteo fra tre volte il giro dell'edificio, secondo il rito della consacrazione cantando senza interruzione una nenia che ripete sempre le solite parole (la lingua Quechì è veramente incomprensibile per chi non la conosce), forse le litanie dei santi, e poi il Pro-vicario taglia il nastro ed apre la porta. Grandi applausi e finalmente si entra nell'accogliente ombra del tempio e ci si prepara per la Santa Messa. Questo è un popolo che sicuramente non ha fretta! La chiesa non sembra più bella ma lo è veramente. Pensate: ha perfino il pavimento in mattonelle belle lucide! La gente entra, comincia a scaldarsi l'aria, sempre piena di fumo d'incenso profumato. La Messa inizia. Si canta tutto e come canto d'ingresso c'è un inno composto da loro in onore di "Monsignore". I canti sono accompagnati dalla marimba, basso, piatti e chitarra. Tutti cantano e tutti sono molto felici: è bello vedere tutta questa gente vestita a festa, riunita dalla stessa fede, la stessa che professiamo noi, invocare lo stesso Padre, lo stesso che invochiamo noi, formare una sola famiglia, la stessa nostra famiglia. C'è una ragazza con una corona in testa e i capelli acconciati con cura e ornati di fiori: è "la flor de la feria": è stata eletta dai suoi compaesani a rappresentarli tutti con la sua bellezza e la sua giovinezza. Abbiamo fatto un numero incredibile di foto piene di colori e di gioia: purtroppo non possiamo inviarle ma le vedrete appena arriveremo: intanto pazientate. Però, se ogni tanto, smettete di leggere e chiudete gli occhi, qualcosa già potete vedere!!! Il p. Ottavio fa l'omelia in spagnolo (conosce solo poche parole di Quechì) con traduzione simultanea. Il caldo è opprimente e c'è un forte odore di umanità. Sudo come una fontanella e rinuncio dopo un po' ad asciugarmi, lasciandomi colare il sudore addosso. La sensazione non è delle migliori, ma che volete farci! Continuano, naturalmente, i canti belli e... lunghissimi! Il Parroco (padre Rejino - penso che si scriva così) ci ha presentato tutti alla popolazione fermandosi in particolare sulla presentazione mia e soprattutto di Franco, che stava con me sul presbiterio. Quando la Messa termina, ci sono tutti i discorsi di circostanza: hanno parlato non mebo di 10-12 persone. Applausi a tutti e attesa impaziente che tutto finisca. La flor de la feria viene chiamata a parlare: ora ce l'ho vicina. Ha un'età di circa 20 anni e comincia in Quechì, si emoziona, continua in spagnolo e sento un bel discorso, sensato e pieno di belle proposte che aprono la vita alla speranza. Qui ho applaudito anch'io e con convinzione e con l'augurio sincero che quelle parole diventino vita. Mi dimenticavo che sul più bello della celebrazione sono stato avvicinto da un gruppo di bambine guidato da alcune ragazze che volevano tomar una foto con me (forse scambiato per il Pro-vicario!), subito, lì all'altare, incuranti che c'era la Messa in corso. Le ho dissuase, dicendo che avremmo provveduto alle foto dopo la Messa. Una bambina (circa 8 anni) si è soffermata un po' vicino a me, mi ha chiesto in spagnolo (lo imparano a scuola) come mi chiamassi e di dove venissi. Quando ha sentito che venivo de Italia, ha esclamato a voce intelligibile: "uhm! Es bien lejos!" ed è scesa dai gradini dell'altare tornando nella navata. Alle 14.00 circa, subito dopo la messa (ve l'ho detto che la Messa è stata festosa e lunghissima!) grande pranzo con caldo de povo e arrós per tutto il villaggio: agli ospiti, anche una coca! Finalmente rientro a casa, ma le avventure non sono finite e ve le racconta Franco. Mi sono molto dilungato e vi chiedo scusa. Conto di parlarvi della semana santa che comicia domenica: domingo de ramos. Questo pomeriggio devo tenere una riflessione (in spagnolo) a 65 missionari convenuti a Dolores e che si spargeranno nelle 22 aldee della Parrochia per aiutare i Padri ed i campesinos per una celebrazione più fruttuosa. Grazie per tutto quello che ci scrivete. Pregate perché il Signore ci aiuti in questa missione, soprattutto nel dare alla nostra vita la giusta dimensione secondo le attese di Dio nei nostri confronti. Ciao Padre Alberto Ciao a tutti, sono Fabrizio, e finalmente sono arrivato anche io a Dolores (venerdì 14 marzo). Dopo un anno di attesa in cui ho visto e rivisto le foto e le documentazioni delle passate missioni devo dire che vedere di persona questo posto mi ha emozionato non poco. Ovviamente anche io ho avuto qualche inconveniente durante il viaggio ma mi sa che è proprio una consuetudine per noi del Centro Giovanile! Il mio primo giorno in Guatemala l'ho passato a S.Eléna nel convento delle suore domenicane che mi hanno ospitato dalla mattina presto (05:30). All'inizio la hermana che mi ha aperto la porta ha subito avuto un momento di titubanza quando le ho rivolto la parola poi ho nominato padre Alberto e mi ha accolto con un sorriso. Subito dopo ho conosciuto Madre Marcela (che persona stupenda!) che mi ha fatto fare la colazione e preparato un letto per riposare. Mentre bevevo il caffè ho conosciuto la prima bambina del convento, è venuta a salutare madre Marcela ed io mi sono presentato "hola, me llamo Fabrizio", la bambina è muta e per salutarmi mi ha abbracciato e dato un bacino sulla guancia regalandomi un sorriso bellissimo. Il cuore mi si è stretto, sapevo che qui le persone e soprattutto i bambini sono molto affettuosi ma non mi aspettavo così tanto. Padre Alberto insieme a padre Ottavio e il buon Franco sarebbero passati a prendermi la sera e quindi ne ho approfittato per riposare. Mi sveglio alle ore 12 con le risa di due bambine piccolissime (due e cinque anni) che giocano davanti alla porta della mia camera, e prima che loro mi vedano ho avuto modo di osservarle giocare per due minuti. Avevano come passatempo un pezzo di stoffa e lo usavano a mo di vestito per una bambola di pezza. Avreste dovuto vedere e sentire come si divertivano con così poco e come la bambina più grande si prendeva cura della piccola. Esco dalla camera e dopo un veloce giro per vedere il convento mi rendo conto di essere oggetto di studio di tutte le bambine del convento. Bene, mi sono detto, è ora di giocare. Mettendo in pratica le cose imparate con Francesca (grazie Francy), iniziamo a correre e fare giochi semplici ma divertenti, e come mi sono divertito anche io! Be alla fine mi sono ritrovato a leggere favole in spagnolo circondato dalle bambine (una mi si è pure addormentata in braccio) mentre le più grandicelle mi scrivevano delle bellissime dediche nel mio diario di viaggio (pieno anche di disegni delle più piccole). Potrei continuare a scrivere tanti particolari sul mio primo giorno in Guatemala ma ora devo apparecchiare la tavola per il pranzo preparato da Franco. Un saluto a tutti voi, a chi qua c'è stato e a chi prima o poi ci verrà. Un abbraccio grande Fabrisio (mi chiamano così). 15 marzo 2008 Sono rimasto particolarmente colpito soprattutto per essermi trovato in quell'ambiente, secondo me, molto surreale a partire dagli abiti dai colori vivissimi indossati dalle niñas e dalla moltitudine di bambini festosi e solo in un primo momento diffidenti ma poi decisamente sicuri di se. Dentro la chiesa nuvole intense di "incenso", una resina grassa frammista con dei granuli vegetali presi da chissà quale albero, si faceva una gran fatica a vedere gli astanti. Vicino a me due bambini che non mi hanno lasciato solo un attimo e che, al momento del pranzo, hanno usufruito, beati, della mia porzione di tacchino, da formula 1, tanto era duro. Un'altra cosa che mi ha colpito e mi è rimasta impressa è aver visto le madri, giovanissime, che portavano i loro bambini appena nati dentro uno scialle annodato e con un lembo di questo passato intorno alla testa, così da formare una specie di zaino, dove i bimbi, beati, dormivano della grossa incuranti del caos che li circondava. Ci sarebbe veramente tanto da raccontare ma non ci si può dilungare oltre misura per evitare di appesantire il documento e poi creare il presupposto, a voi che leggete, di non leggere tutto quanto scritto. Ripartiamo non dopo aver fatto alcune acrobazie, la strada di uscita era già bloccata, ci immettiamo, dopo una moltitudine di sobbalzi per la strada piena di avvallamenti, sulla strada asfaltata e rifacciamo la strada al contrario. In macchina si parla della mattinata passata e tutti concordiamo sull'intensità della cerimonia. Ad un certo punto, erano qui circa le 15,30, sotto un sole cocente troviamo una fila immensa di macchine, siamo obbligati a fermarci. Io e P. Alberto approfittiamo allora di espletare una necessità fisiologica, tanto abbiamo visto che lì è un'usanza molto ricorrente. Le persone, non si pongono tanti problemi né di riservatezza né di intimità pertanto, anche noi ci adeguiamo alla situazione e ci aggiungiamo ai tanti già presenti. Mi pare una cosa strana vedere che vicino a me un "sacerdote" fa la pipì... Subito dopo cerchiamo di capire le motivazioni del blocco e, il Padre Rey filippino che era con noi, e che si era allontanato per raccogliere informazioni, ci comunica che è stato catturato uno dei rapitori di un bambino e che è stato "matato" sul posto da coloro che avevano effettuato il blocco della strada. I rapitori erano due, uno era riuscito a scappare, l'altro meno fortunato, ci è stato raccontato, che è stato prima legato ad un albero, torturato, poi finito con un colpo in fronte e subito dopo, martoriato il cadavere con i machete. Il bambino è stato liberato, illeso, dopo tre giorni di sequestro. Intanto la fila di macchine si è ingrossata a dismisura e gli autisti, forse stufi di aspettare sotto il sole cocente, iniziano ad invadere anche la corsia opposta. Alla fine si riesce a passare, tutti all'interno della macchina evitano di commentare l'accaduto. Ciò che poi è apparso surreale è stato, quando passavamo, di vedere i poliziotti fermi, armati fino ai denti, e appoggiati sulle loro macchine, che si guardavano bene dall'intervenire... Qui la polizia dai locali è chiamata "insecuritade". Mentre passavamo abbiamo visto il posto dove era avvenuto l'episodio, a bordo strada, tanta gente, uomini, donne, bambini erano intorno al luogo del misfatto e dall'altra parte il bambino, di circa tredici anni, che era stato sequestrato e poi liberato Il rapitore, ci hanno detto che era stato catturato perché, quello era il posto della consegna del riscatto e del rilascio del ragazzo... Sul giornale "Prensa libre" questa mattina, ho letto che sul Rio Durce, all'altezza delle acque termali dove, io e le ragazze che erano con me lo scorso anno, siamo stati, e dove Francesca, armata di sacro furore bagnereccio, si è anche immersa con tanto di costume da bagno, sono stati sequestrati quattro turisti belgi.. Meno male che noi ci siamo stati lo scorso anno. Arriviamo a Sant'Elena e lì Suor Marcela ci offre del puro succo di acqua di cocco... vi assicuro che è buonissimo ed è veramente dissetante... Ora vi lascio: le emozioni sono state veramente fortissime ed ancora non le ho "digerite" tutte. Penso che il seguito di questo mio scrivere risentirà per un po' di quello che è accaduto. A presto Francisco |
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