20 marzo 2011
Missioni

20 marzo 2011.

Sono passati già nove giorni da quando siamo arrivati a Dolores, smaltita la sbornia da viaggio, ora ci sentiamo totalmente immersi nella vita locale. Anche il nostro spagnolo rispetto allo scorso anno ha subito un piccolo miglioramento. Ogni tanto, quando si esce, capita di riuscire anche ad impostare un piccolo dialogo con le persone che nel tempo abbiamo conosciuto e mentre si parla ci rendiamo conto del piacere reciproco di comprenderci. Anche quando si va a fare la spesa, le domande si fanno in spagnolo, si contratta in spagnolo e si chiede anche lo sconto, sempre in spagnolo, su prodotti palesemente aumentati, proprio per noi, e anche perchè i rivenditori pensano che non capendo la loro lingua possiamo essere facilmente "fregabili". In questi giorni, oltre a riprendere confidenza con il posto, con gli abitanti e con le cose che sono cambiate rispetto allo scorso anno, poche in verità, siamo stati con P. Ottavio alle aldee di Sacùl Arriba e Naranjòn al mattino e nel pomeriggio a San Lucas. Dall'aldea di Sacùl Arriba si parte per arrivare a Los Arroyos dopo oltre tre ore e mezzo di cammino attraverso colline e giungla fittissima. L'ultimo tratto, dalla cima di una collina, ci mostra un pianoro dove in lontananza si intravvedono le capanne dei campesinos. È un posto bellissimo, con un panorama eccezionale, ma purtroppo per gli abitanti de Los Arroyos il villaggio è in piena "Zona Nucleo". Così vengono chiamate quelle zone che il Governo del Guatemala, attraverso i suoi organismi, indica come zone protette. Per riuscire ad entrare nel merito di questo, è necessario fare una premessa nella quale dare alcune sintetiche notizie circa alcuni organismi statali che controllano tutto il territorio del Guatemala.

Il CO.NA.P. è il primo istituto e significa: "COnsejo NAcional de areas Protegidas" il cui fine principale è di assicurare la conservazione della diversità biologica attraverso le aree protette di tutto il Guatemala. Questo organismo si serve del SIGAP "SIstema Guatemalteco de Áreas Protegidas" che a sua volta è costituito dall'insieme di tutte le aree protette del Paese e dalle entità che le amministrano. È stato creato con il fine di conservare, recuperare e proteggere la diversità biologica e le risorse naturali del Paese. Al momento il SIGAP è costituito da 152 aree protette situate in tutto il territorio nazionale. Queste, per una migliore amministrazione e gestione, sono classificate in: parchi nazionali, biotopi, riserve della biosfera, riserve con usi molteplici, riserve forestali, monumenti naturali, monumenti culturali, itinerari e strade panoramiche, parchi marini, parchi regionali, parchi attrezzati, riserve naturali private e altre categorie che verranno stabilite in futuro per perseguire fini simili. Insomma alla fine un qualche cosa di alquanto farraginoso tipo una Matrioska, di cui non si vede mai la fine. I campesinos di Los Arroyos attualmente si trovano ad occupare un'area protetta in cui non è possibile neppure togliere una foglia da un albero o addirittura non sarebbe possibile neppure il passaggio a piedi. Gli abitanti di questa aldea ci vivono oramai da diversi anni, ancora prima che nel 1990 il governo Guatemalteco definisse tutti quegli organismi che, a vario titolo, amministrano il territorio. Queste persone, provenienti da altri posti, forse anche scappati da qualche situazione di pericolo, non solo si sono insediati li, ma addirittura hanno disboscato in modo alquanto indiscriminato. Pertanto le Istituzioni governative hanno intimato ai campesinos di lasciare tutta l'area occupata quanto prima, onde evitare che intervengano le forze dell'ordine, che quasi sempre agiscono in malo modo, lasciando brutti ricordi. La storia di questa zona è piena di episodi tristi e spesso tragici nei quali intere comunità si sono ritrovate coinvolte in scontri con le forze dell'ordine per problemi di territori occupati e di conseguenza costrette in maniera brutale ad abbandonare le aree in cui abitavano. Per chi volesse approfondire l'argomento e volesse conoscere meglio alcuni aspetti legati a questi fatti può visitare il seguente sito: http://www.peacelink.it/latina/a/28616.html . Comunque c'è stato un intervento del Vicariato (Organismo della Diocesi) e si è addivenuti ad un compromesso: Il comune di Dolores aveva a disposizione del terreno più vicino rispetto a quello occupato dai campesinos e lo ha messo a disposizione consentendo loro il trasferimento. Di buon mattino con P. Ottavio e Rita, arriviamo all'aldea di Sacùl Arriba, ci avviamo verso un locale vicino alla Chiesa messoci a disposizione dalla comunità di quel posto. Questo locale come tanti altri di quel tipo, è fatto con assi di legno conficcati sul terreno e come è facile immaginare la non perfetta regolarità delle stesse assi lascia degli spazi tra asse e asse permettendo il passaggio di ogni tipo di insetti o animali striscianti. Il locale è molto buio perchè le pareti hanno solo delle piccole aperture quadrate attraverso le quali filtra la luce. Non c'è la elettricità e per questo motivo siamo costretti a metterci vicini alla porta di ingresso che, piuttosto ampia, consente una visibilità sufficiente.

All'interno ci sono solo poche panche, non sono sufficienti a contenere tutti i rappresentanti di Los Arroyos. Arriveranno in 26 e ognuno di loro, se accetterà le regole, riceverà una somma ("prestamo", così si chiama il prestito), che P. Ottavio ha quantificato dopo aver fatto le opportune verifiche presso dei rivenditori di ferramenta e materiali edili. Anche io e Rita abbiamo partecipato alle indagini di P. Ottavio, siamo andati sia da rivenditori di Dolores che da quelli di Poptùn ed abbiamo verificati i prezzi delle lamine metalliche ondulate che serviranno per ricoprire i tetti delle case/capanne. Fino a poco tempo fa, nei villaggi i campesinos coprivano i tetti delle loro capanne con il "guano", da non confondersi con quello che noi italiani conosciamo. Si tratta di un particolare tipo di palma che ha dei rami con numerose foglie lanceolate e morbide che ben si prestano per questo utilizzo. Prima di essere usato per le coperture, dopo tagliato viene lasciato ad essiccare al sole affinché il definitivo uso possa garantire l'impermeabilità. Nella casa dove noi viviamo c'è la "champa" che è ricoperta con questo tipo di foglie. Oggi a causa della deforestazione selvaggia, che in tutto il Peten viene attuata in maniera sconsiderata, per lasciare il posto ad allevamenti di "ganado vacuno" (allevamento di bovini da carne), questa pianta non si trova quasi più e per questo motivo è necessario ricorrere alle "laminas". Vi assicuro che è una vera tristezza andare alle aldee e vedere intere colline spogliate completamente degli alberi che vengono o bruciati o tagliati. Dopo questa piccola dissertazione ritorno all'argomento principale. Da un calcolo sufficientemente preciso, P. Ottavio ha stabilito che, in base alle tipologie comuni, per ogni capanna sono sufficienti due pacchi "lios" di lamine - di uno spessore di qualità migliore per assicurare una certa durata - per un costo approssimativo di 1800 quetzales per nucleo familiare (circa 180 euro). L'appuntamento per tutti era per le nove del mattino, noi siamo arrivati con un buon anticipo rispetto all'ora prevista perchè P. Ottavio tiene molto alla puntualità: quando prende gli appuntamenti è molto preciso e in genere arriva sempre almeno cinque, dieci minuti prima dell'ora concordata. Lui non si è adattato all'orario "chapino" come si usa qui in Guatemala: l'orario fissato per gli appuntamenti è "rispettato" con almeno un'ora di ritardo. Da lì a poco arriva il primo gruppetto del quale fanno parte anche delle donne in rappresentanza di mariti che non sono potuti venire perchè nei campi a lavorare la "milpa" (mais). Gli altri arrivano alla spicciolata. P. Ottavio per ottimizzare lo svolgimento della riunione, ed anche per ingannare un pochino il tempo, compila ad una ad una le ricevute da far firmare a tutti coloro che accetteranno il prestito. Finalmente arrivano tutti e 26. Da parte mia una "breve" e doverosa riflessione nell'osservare queste persone e in particolare le donne. Alcune di loro, molto giovani, hanno in braccio il loro piccolo e poiché anche io conosco la strada che porta al loro villaggio per averla percorsa diverse volte, mi chiedo come mai riescano ad apparire così fresche e riposate, in ordine e pulite Ai piedi, al posto delle scarpe, portano dei semplici infradito. La strada vi assicuro è particolarmente difficile, scoscesa e scivolosa tanto che a volte anche chi percorre a cavallo quella strada è costretto a scendere per evitare di ribaltarsi all'indietro e incorrere così in rovinose e pericolose cadute. La riunione inizia dopo una breve orazione introduttiva. P. Ottavio spiega ai presenti che è necessario che tutti lascino l'area al più presto onde evitare che la forza pubblica intervenga a modo suo. Ricorda a tutti che l'ultimatum è scaduto lo scorso 31 gennaio e ora siamo quasi alla fine di marzo. Inoltre spiega che chi accetterà il prestito firmerà una ricevuta e dovrà impegnarsi a restituire la somma presa, nel corso di un anno. P. Ottavio, d'accordo con il Vicariato del Petén, spiega, cercando di responsabilizzare i presenti che è importante venire incontro alle necessità di ognuno, ma è anche importante sapere che bisogna impegnarsi per riuscire ad avere le cose. I presenti capiscono e annuiscono, concordando tutti con le parole di P. Ottavio, con la quantità di lamine da acquistare, con la somma da restituire e con la scadenza del prestito. Uno alla volta si avvicinano al tavolino dove è seduto P. Ottavio e dove con Rita mi alterno per contare una prima volta i soldi da consegnare. Nella ricevuta che ognuno di loro firma, P. Ottavio ha scritto il termine in cui effettuare la restituzione ed il fine per cui è stato concesso il "prestamo". Durante lo svolgimento di queste operazioni, uno di loro che si chiama Samuel, mi chiama in disparte perchè vuole parlarmi, lo riconosco perchè già lo scorso anno durante una visita a Los Arroyos si è verificata la stessa situazione. Chiedo a Rita di sostituirmi nella consegna dei soldi e mi allontano con Samuel.: Ci allontaniamo quel tanto che basta per garantire una certa "privacy". Da notare che in genere tutti parlano con voce bassa. Prima di iniziare, Samuel mi chiede se mi ricordo di lui e di ciò che mi aveva chiesto lo scorso anno; lo tranquillizzo e gli dico che oltre a ricordarmi di lui mi ricordo anche della richiesta che mi aveva fatto. Samuel, lo scorso anno, come portavoce della comunità mi aveva chiesto di intercedere nei confronti di P. Ottavio affinchè fosse possibile riportare nella loro chiesetta il Tabernacolo che era stato rubato con tutto il contenuto. Mi dice che: dovendo lasciare il posto dove attualmente vivono e dovendo spostare anche la chiesa, avranno bisogno di un contributo per poterla ricostruire. Gli rispondo che da parte mia avrei fatto il possibile per venire incontro alla nuova richiesta e pertanto rientriamo all'interno del locale dove oramai le operazioni volgono al termine. Dopo poco un un altro campesino, di cui non ricordo il nome, ma mi dice essere il nipote di Samuel, mi fa la stessa richiesta davanti a P. Ottavio. Anche a lui ripeto che si farà tutto il possibile per esaudire quelle necessità, ma è necessario che essi facciano una petizione comunitaria e scritta da consegnate a P. Ottavio affinché, con il suo benestare ed una volta rientrato in Italia, possa essere discussa con il Consiglio dell'Associazione PASSI. La riunione a Sacùl Arriba termina, ognuno se ne va per la propria strada, noi dobbiamo andare a Naranjòn a ritirare della legna regalata ma che servirà al Centro Poliformativo in occasione del prossimo ritiro mensile dei catechisti delle varie aldee. Arrivati a Naranjòn, rivedo la chiesetta e ho ancora vivissimi i ricordi dello scorso anno quando, durante una giornata di intensa pioggia, andando alla casa del catechista, Roberto il nostro amico italiano scivola e cade rovinosamente facendosi male a una mano ed a una spalla. Al contrario dello scorso anno è una giornata calda e soleggiata. Arriviamo sul posto dove dobbiamo caricare la legna; è una bella catasta e penso che sulla palangana del "carro" di P. Ottavio faccia fatica a starci tutta. Manifesto le mie perplessità e lui, che è già pratico della cosa, mi dice che non ci sono problemi, caso mai si verificheranno al momento di caricarla sul carro. Con noi c'è un signore anziano che abbiamo incontrato all'ingresso del paese al nostro arrivo e ci ha accompagnato sul posto dove c'era la legna. Da un'altra parte, ma vicino a noi, un signore con cappello da cowboy in testa ci osserva con aria indolente e divertita. È appoggiato ad un palo di legno conficcato nel terreno. Capisco il perchè dell'aria divertita del "cowboy": la legna da caricare è costituita da grossi spezzoni di legno che, a prima vista, sembra pesino abbastanza. Scelgo di stare sopra il carro per sistemare la legna; il primo pezzo è decisamente pesante ma lo faccio rotolare e strisciare e bene o male riesco a dargli una sistemata. Il signore anziano che ci ha accompagnato ci dà una mano e, nonostante la corporatura non troppo robusta, vedo che solleva e porge i pezzi di legno con buona lena. P. Ottavio ci da una mano e vedo che anche lui si scontra con il peso della legna e inizia a sbuffare sotto la fatica. Rita lo aiuta a sollevare i pezzi più grossi. Intanto il cowboy appoggiato al palo, vedendo che anche Rita aiuta sempre con il sorriso, mosso a compassione si avvicina e anche lui ci offre la sua collaborazione. Dal primo pezzo sollevato vedo subito che gli sparisce il sorriso. Al secondo sbuffa e stringe i denti per riuscire a concentrare le forze. Dal terzo in poi, domato, docile e senza sorriso ma con voglia di collaborare, continua a darci a una mano. Sul carro, con grande fatica e con tanto sudore, il carico prende la sua forma. Dopo una quarantina di minuti la legna è caricata tutta sulla palangana del carro di P. Ottavio o, se preferite, sul "terzo missionario" come lo chiama P. Alberto. Intanto Rita consegna le caramelle che si è portata dietro. I bambini sono accorsi numerosi anche perché hanno visto delle persone diverse da loro, e vedo che accettano di buon grado "los durcitos". Anche le signore, giovani e meno giovani, che hanno assistito divertite al caricamento della legna, ricevono in regalo le caramelle, alcune nascondendosi il viso. Saliamo in macchina e rientriamo verso casa per pranzare e poi ripartire subito dopo per San Lucas, un'aldea estremamente povera dove ancora non è arrivata l'energia elettrica e la chiesa è ancora costruita con mattoni di fango. A Dolores, durante il pranzo P. Ottavio ci dice che al mattino a San Lucas si è svolta una riunione il cui argomento riguardava l'autostima. Gli chiedo come mai viene trattato un argomento di questo genere, mi risponde che ancora oggi e in seguito alla guerra civile (la chiamano "conflitto armato") che in Guatemala si è protratta per ben 36 anni, parecchia gente ancora soffre di tutta una serie di malesseri psicologici che non contribuiscono certo a creare una qualità di vita ottimale. Dopo avere preso il caffè e dopo che P. Giorgio si è preso il brodo vegetale e si è mangiato le verdure che Rita gli ha preparato, con P. Ottavio si riparte alla volta di San Lucas. Durante il viaggio gli chiedo che fine avesse fatto quel signore che avevo fotografato lo scorso anno, che aveva la capanna proprio all'ingresso del sentiero che porta alla Chiesa e che, avendo una gamba in cancrena, doveva essere sicuramente diabetico. P. Ottavio mi risponde che non si ricorda ma, una volta arrivati sul posto, veniamo a sapere che quel signore non abita più a San Lucas. Si è trasferito in un'altra aldea ma la sua situazione invece di migliorare è drasticamente peggiorata. La piccola chiesa di San Lucas poco per volta si riempie, i bambini sono sempre i primi ad apparire. Sono arrivati anche la mamma e il papà di Alfredo (un ragazzo di San Lucas che studia all'Università di Sassari) i quali, riconoscendoci, ci abbracciano e ci salutano calorosamente. Termino qui di scrivere questo diario e anche per evitare di dilungarmi troppo sulle cose. Mi piacerebbe sentire i vostri commenti e di rispondere alle vostre domande ed alle vostre curiosità. Vi saluto con tanto affetto e vi do appuntamento alla prossima.
Besitos a todos
Francsisco

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