8 marzo 2012 Francesco
Missioni

8 marzo 2012 a Dolores Peten Guatemala nella casa dei Missionari.

Anche quest’anno è iniziata l’esperienza guatemalteca. Sono passati alcuni giorni da quando, dopo un viaggio più o meno tranquillo, sono arrivato con Rita, Barbara e Marcello a Dolores. Questi ultimi due amici sono alla loro prima esperienza e devo dire subito che a distanza di pochi giorni sembrano reggere bene l’avventura. Abbiamo trascorso i primi giorni del nostro arrivo in casa per la pioggia ininterrotta che, per ben tre giorni consecutivi, ci ha “deliziato” a causa degli ultimi colpi di coda di un uragano che pare abbia imperversato sull’Atlantico.

Ogni volta che piove, in un certo punto della casa e lungo i muri, scende acqua a causa di infiltrazioni nel tetto, quindi nonostante i continui lavori alla ricerca delle fessure nel tetto siamo costretti ad asciugare l’acqua che si accumula copiosa sul pavimento.

Adesso il tempo pare si sia sistemato ed infatti il caldo si fa sentire ben bene.

I primi giorni sono stati dedicati all’ambientamento e l’accoglienza, da parte degli amici “doloregni” alla fine della Messa domenicale, é stata deliziosa e……commovente.

Per poter passare il tempo e per tenere impegnati i nuovi amici si è deciso di comune accordo di risistemare e ricollocare i pensili della cucina. Ci sono voluti due interi giorni per portare a compimento l’intera opera a causa della scarsità di mezzi e strumenti.

Alla fine, siamo riusciti nell’impresa facendoci prestare il trapano da Romeo perchè quello di P. Giorgio, dopo il primo buco, si è ingloriosamente fermato.

I muri sui quali sono stati riappesi i pensili, ben lungi dall’essere dritti e a squadra, ci hanno fatto penare non poco. L’unico pensile ad angolo che avrebbe dovuto avere ai lati due pareti con un angolo retto, ne aveva uno con un angolo appena superiore di qualche grado…. Provate ad immaginare come è stato appeso… Marcello è stato molto bravo, collaborativo e paziente mentre Rita e Barbara impazienti per la polvere, il trambusto e la pioggia non vedevano l’ora che terminassimo.

 

Ieri 7 marzo finalmente la prima uscita ad un’Aldea con P. Ottavio e tutto il “gruppo”, tranne Rita; siamo stati a “El Pedregal”, un’ora e mezzo di sobbalzi e capocciate sui montanti del “carro” a causa della strada completamente sconnessa a seguito dell’imperversare continuo della pioggia. La macchina, scivolando più volte sul fango argilloso, tendeva a portarsi ai bordi della strada che in alcuni punti si affacciava sulla scarpata. La prima tappa è stata a Xaan un villaggio vicino a Sucultè dove abbiamo lasciato una buona scorta di paraffina che le donne utilizzano per produrre “veladoras” (candele nei bicchieri di vetro) che serviranno per la chiesa, nel corso delle varie funzioni religiose, e nelle case in cui non è ancora arrivata l’energia elettrica. Le donne coinvolte  nella preparazione di queste candele si sono dimostrate entusiaste anche perchè oltre ad imparare qualche cosa di utile, possono essere coinvolte in attività che le distrae dagli impegni casalinghi ed eventualmente, vendendole, possono contribuire ai magrissimi bilanci familiari.

Risaliamo in macchina e ripartiamo; prima di arrivare a El Pedregal abbiamo fatto una seconda sosta a Los Limones, un’atra aldea. Siamo arrivati nel momento in cui i bambini erano fuori dalla scuola per la “refacion” - la merenda - e ognuno di loro aveva un bicchierone in mano pieno di un liquido che pare sia ad alto contenuto energetico. Appena ci hanno visti si sono fatti intorno con gran vociare e un gran correre perchè con noi c’era P. Ottavio. Dopo i saluti di circostanza con alcuni abitanti del posto, che sapevano del nostro arrivo, e piccole doverose schermaglie con i bambini, aiutiamo alcuni giovani, arrivati fin lì a piedi da altre aldee, a caricare il pickup. I giovani di Los Limones sono saliti in “palangana” (il cascione del pik up) perchè si uniranno a quelli che incontreremo a El Pedregal ed a quelli di altre aldee limitrofe con i quali cercheranno di porre le basi per la creazione di un gruppo giovanile.

Limones Pedregal

Dopo altri trenta minuti di sobbalzi arriviamo a El Pedregal e da una prima occhiata noto che grosso modo nulla è cambiato rispetto allo scorso anno: stesse capanne, stessa sporcizia stesso degrado, stessa trascuratezza.. Solo due cose mi risultano nuove: lo spostamento della “campana” - un pezzo di vecchio cingolo- per chiamare a raccolta i fedeli da un albero ad un altro in posizione frontale alla chiesa e l’assenza di un anziano signore con il viso pieno di rughe. Ogni volta che P. Ottavio si recava in quell’aldea e fermava la sua macchina vicino alla sua casa, lui si facevo sempre trovare lì, presente, immobile, quasi formale e con uno sguardo fiero, in attesa del caloroso abbraccio e del saluto affettuoso che P. Ottavio non mancava di dargli. Quell’uomo, che sapevo essere di etnia Chortì (shortì), questa volta non c’era, non era lì presente ad aspettare…. Era morto alcuni mesi primi. La sua capanna è rimasta vuota e stranamente tutto è rimasto così com’era come se ci fosse uno strano senso di rispetto per quell’angolo immerso nel verde della foresta. Solo l’erba altissima lasciava trasparire un senso di trascuratezza, ma per il resto tutto era come lo ricordavo.

Dopo queste riflessioni, le urla degli immancabili bambini dell’aldea, mi hanno riportato alla realtà: si sono materializzati come d’incanto forse una ventina di scalmanati, di un’età variabile tra i 3 anni e i 13, a gran voce salutavano e chiedevano la “pelota” la palla che P. Ottavio si porta sempre in macchina. Subito viene organizzata una partita di calcio, da una parte e dall’altra si predispongono le porte che di regolamentare hanno poco, saranno larghe al massimo un metro e mezzo tanto che un bambino a gambe divaricate copre quasi tutta l’area della porta. La stessa operazione viene eseguita pure dall’altra parte. Il primo bambino, si risolleva tutto soddisfatto, osserva il portiere avversario e insieme concordano a urla che la partita può iniziare.

La pelota è in campo: ci sono anche bambine che fanno la loro parte a tirare calci tanto che Barbara osserva che una di loro, scalza, tira delle pallonate niente male, come fosse un consumato giocatore, usando indifferentemente ora la punta ora il collo del piede.

Anche Marcello pare entusiasta della partita e mi chiede di poter partecipare, ma dopo il mio assenso e nonostante i pochi minuti trascorsi lo vedo tornare ansimante perchè, non riuscendo a stare dietro alla velocità dei bambini, preferisce rinunciare.

P. Ottavio cerca di mettersi in contatto con Pedrito, il nuovo catechista, il quale insieme ad un altro che si chiama Delfino, appare all’improvviso.

Pedrito e famiglia Delfino e suor Imelda

Pedrito è sordo come una campana, sorride sempre forse perchè non capisce bene ciò che P. Ottavio gli dice. Ogni volta il sorriso di Pedrito lascia intravvedere una gengiva superiore con ai lati solo i canini, gli altri denti non si sa perchè siano caduti. Delfino - pure lui sorride sempre - ha un grosso problema al braccio sinistro all’altezza del gomito, perchè a seguito di un incidente l’intervento che gli è stato fatto ha prodotto effetti tali per cui non può più usare il suo braccio. P. Ottavio mi dice che per fortuna non si tratta del braccio con cui Delfino usa il machete altrimenti sarebbe stato veramente un grosso problema per lui e per la sua famiglia.

Arriva l’ora di pranzo e veniamo tutti invitati a casa di Pedrito. Menù del giorno “caldo de pollo” - brodo di pollo. La moglie del catechista prepara il tavolo per P. Ottavio, Barbara, Marcello e Suor Imelda, io come al solito mi sono portato dietro i miei pomodori e le carote. Il servizio di piatti in cui viene servito il pranzo è variopinto e diversificato tanto che il piatto in cui Barbara mangia è una terrina rossa di plastica.

Gli unici seduti a tavola siamo noi e una signora dall’età indefinita, ma che non dovrebbe avere neppure quarant’anni, e la sua bambina di circa sei anni

Il pranzo

Questa signora e sua figlia mangiano dallo stesso piatto nel senso che la madre alterna una cucchiaiata per lei e una per la figlia. Tutti gli altri presenti compreso Pedrito non si siedono con noi e aspettano che si finisca di mangiare per sedersi loro.

Il pranzo finisce in fretta e subito la signora ci fa un racconto terribile. Due mesi fa un giovane di 25 anni gli ha ucciso il marito a causa del furto di due sacchi di pannocchie di mais. Tutti ascoltiamo il racconto: siamo come imbambolati nel sentire come si sono svolti i fatti. Sembra che il marito di questa signora sia andato dal giovane ladro per chiedere la restituzione del mais e questo per tutta risposta gli abbia sparato un colpo di pistola a bruciapelo. Nessuno sa che fine abbia fatto questo giovane, ma sembra che ultimamente lo abbiano visto in un villaggio dove, prima di fuggire, ha violentato una ragazza.

In questo clima poco allegro P. Ottavio ricorda a Suor Imelda il motivo della visita e subito tutti ci avviamo verso la chiesa che dalla casa di Pedrito dista forse una trentina di metri. Vengono portate fuori dalla chiesa delle panche che verranno utilizzate per la riunione con i giovani, mentre Suor Imelda, in compagnia di Barbara, attorniata da ragazzini, svolge la sua riunione.

riunione giovani catechesi di suor Imelda

Questa termina dopo circa un’ora e subito i bambini – per sgranchirsi le gambe -  riprendono a correre dietro ad un pallone che però questa volta fa fatica a rimbalzare. Ad ogni calcio il pallone fa un suono strano perchè bucato. Piccolo panico, a me e a P. Ottavio viene il dubbio che sia quello che lui ha portato e mi chiede di verificare se in  macchina c’è il suo pallone. Tutto a posto, il pallone fa bella mostra di se dietro ai sedili.

I giovani, nel corso della loro riunione, dopo i convenevoli si ringraziano reciprocamente perchè sono presenti in tanti provenienti da diverse aldee e così danno subito inizio ad un teatrino organizzato per cementare la nascita del gruppo. Inizierà così una collaborazione con comuni interessi, promotore di iniziative anche nei confronti degli adulti.

Arriva presto l’ora della Messa, fuori è già buio. La Messa viene celebrata al lume di candela.

Ci rimettiamo in macchina per rientrare e P. Ottavio ci racconta alcuni episodi relativi a El Pedregal. Sono episodi di violenza gratuita, esagerata e sconsiderata, omicidi nati sotto l’influsso dell’alcol, maturati in un contesto di solitudine, di tristezza infinita e di povertà. Ci avvolge solo il silenzio. Si sente solo la macchina con il motore sotto sforzo per le buche che si trovano lungo strada. Forse qualcuno sonnecchia vista la giornata molto piena e intensa, forse qualcuno a modo proprio ritorna indietro con le emozioni e sensazioni forti vissute nella giornata, in attesa di poter condividere tutto questo o tenerlo dentro di se.

Francisco