21 novembre
Missioni

21 Novembre 2004 Domenica

Si parte per l’aldea san Lucas. Quest’aldea nasce da una scissione dell’aldea Limones per motivi di contrasti interni. Esiste da sei anni. Mi sembra un po’ più disordinata delle altre aldee ma noto con piacere che ogni casa-capanna ha il suo chorro (un rubinetto) di acqua, collegato a un deposito che preleva l’acqua da una sorgente a 4 km da qui.
C’è un bel fiume ed i ragazzi fanno il bagno nelle sue acque pulite, anche se un poco torbide a causa delle continue piogge. Tutti sguazzano allegramente, molti vestiti di cielo (come direbbero in India). Lì vicino, dietro un’ansa strettissima del fiume c’è un vitello che è caduto un acqua e, spaventato, non vuole sapere di uscirne. Molti uomini sono lì intorno con i loro cavalli: si andrà a pranzo ed il vitello sarà sempre lì.
Il pranzo è da una coppia di “sposini” che questa sera celebrerà il matrimonio:  Vicente ed Alexandra sono insieme da 45 anni ed hanno una sterminata progenie di figli, nipoti e  pronipoti ed ora hanno deciso per la benedizione di Dio sul loro matrimonio!
A pranzo c’è brodo di gallina con dentro un pezzo di carne, riso e un po’ di verdure: è un pasto ricco, che viene preparato proprio per accogliere degnamente i missionari e questa volta anche per il matrimonio e perché oggi è domenica.
Le donne (figlie, nipoti ed amiche della sposa e la sposa stessa) stanno preparando un cibo particolare: el tamal che sarà distribuito a tutta l’aldea invitata alla cena di nozze. È una pasta di mais, con in mezzo un po’ di carne di pollo, il tutto avvolto in una foglia di banana e messo a cuocere a bagnomaria in grosse pentole.
Dopo la messa ci viene chiesto di restare alla festa, ma poiché è quasi buio e la strada è la “più” pessima tra quelle che ho percorso per andare alle aldee, non restiamo. Ci chiedono di aspettare un poco, giusto il tempo di portarci il tamal perché possiamo anche noi festeggiare con loro. Siccome tardano molto a portarcene per il viaggio, non l’ho neppure assaggiato (anche se non so se l’avrei assaggiato: l’ho visto fare!) e quindi non so dire di che sa.

Ma torniamo a noi, ero rimasto al momento del pranzo che abbiamo consumato nella casa degli sposi in allegria e … appetito.
Dopo il pranzo vado alla riva del fiume e, levatemi le scarpe piene di fango, le lavo e poi mi siedo sulla pietra che le donne dell’aldea usano per lavare i panni e che è in mezzo all’acqua, immergo i piedi nell’acqua corrente e mi sento rinascere. Sono lì seduto a guardare l’acqua che scorre e mi accorgo che è piena di piccoli pesci: sicuramente se ci sono i bebè, ci saranno anche i genitori! Mi verrà confermato che il fiume è molto pescoso e che ci sono, oltre i pesci anche enormi granchi e gamberetti.
Mentre sono lì, seduto sulla mia pietra e mi sento un vero privilegiato, ringrazio il Signore per  la bellezza del luogo e per la meravigliosa natura che mi circonda (sembra proprio il paesaggio dei racconti di avventure nella giungla  e di missionari avventurosi, che ho letto da ragazzo), arriva un bambino (4 o 5 anni), rigorosamente vestito di cielo, e fa una bella nuotata tonificante: beato lui
Arrivano poi due bambine che si mettono poco più a valle di me (una decina di metri) a lavare le stoviglie. Al termine, anche loro: nuotata. Però loro il bagno lo fanno vestite o quasi.
Quando mi sento ben refrigerato vado alla chiesetta, che questa volta  è fatta di frasche coperte di fango (il fango qui non manca ed è anche molto tenace nella presa!). Il padre Ottavio programma la pastorale con i responsabili del villaggio. Alle loro proposte io aggiungo che si potrebbe fare un po’ di acqua cultura, con tutto il pesce che c’è.
Alle 15.00 (sempre ora chapina e cioè alle 16,30!!) confessioni e poi la messa di nozze.
Gli sposini sono visibilmente commossi e la comunità gli fa festa: dentro la chiesa non ci stanno tutti e molti partecipano stando fuori.
La celebrazione è simile alla nostra con due riti particolari: lo sposo da’ alla sposa delle monete e la sposa le restituisce allo sposo in segno di condivisione; poi con una catena simbolica, che in questo caso è un cordoncino bianco abbellito da tante palline argentate, gli sposi vengono uniti insieme e così rimarranno, uniti dal cordoncino a modo di lazo, fino alla fine del rito.

Discorso sul matrimonio da parte del padre Ottavio ed invito garbato ma chiaro a regolarizzare le unioni da punto di vista religioso: qui, in Guatemala, è molto diffusa la convivenza!
Quando è tutto finito, dopo alcune foto scattate dal fotografo ufficiale, che sono io, si monta in macchina per rientrare a Dolores.
La strada è lunghissima ed in situazioni pessime per cui sembra ancora più pessima! Non finisce mai!
Ci vuole sicuramente più di un’ora e mezza di viaggio e la palangana ospita donne e bambini in quel susseguirsi di paurosi scossoni, discese vertiginose piene di fango, salite incredibili, pietroni in mezzo alla strada, tonchi, due guadi e un ubriaco disteso a terra come un morto, nel buio più totale che nel frattempo è sopraggiunto. Scendiamo dalla machina per vedere lo sventurato, che però non è morto come ci era sembrato, ma ubriaco fradicio e quindi forse ancora più sventrato per i problemi che porta con se, nelle famiglie, l’alcool: l’alcolismo è una vera piaga sociale. Quello “uomo” giacente a terra aveva affrontato quell’incredibile strada per andare ad ubriacarsi a Dolores, il paese più vicino dove trovare la birra per consumare il rito della ubriacatura!! Starà lì in mezzo alla strada tutta la notte al freddo che comicia a farsi sentire ed esposto agli animali!
Rientrati a Dolores ci accorgiamo dell’aria di festa della domenica che è oggi. Nel campetto di calcetto è tutto pronto per un concerto di marimba e gli spalti sono affollati di persone.
Arriviamo a casa, beviamo e mangiamo qualcosa e poi andiamo anche noi al concerto.
Vengono a sedersi vicino a me delle ragazze che ieri erano a santa Elena per il concerto dei giovani: la cosa mi fa piacere perché mi fa sentire integrato: che peccato che parli così male la loro lingua!
Durante il concerto, viene il p. Giorgio a chiedere al p. Ottavio di essere accompagnato a san Luis perché è morto il papà di un alunno del centro educativo. San Luis è a circa 40 km e il p. Ottavio è stanco per la giornata all’aldea e la guida sulla relativa “strada”, ma come si fa a dire di no? E così via a san Luis.
Io non vado con loro ma me ne vado a letto, distrutto da quella bellissima e intensa giornata. Vedrò padre Ottavio l’indomani e mi dice che ieri hanno fatto ritorno alle 23.30!

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