L’Isola dove gli uomini vivono felici
Centro Giovanile Domenicano

L’Isola dove gli uomini vivono felici

Era uno dei tanti giorni piovosi di quell’anno. Un giorno triste. Ancora più triste perché la tristezza per la morte del padre sembrava penetrare con quell’acqua nel profondo del suo essere.
Luis passeggiava nel giardino della sua casa, triste. Sembrava non curarsi di quella pioggia insistente. Quante cose si affollavano nella sua mente. Ricordi di un padre che poco aveva potuto godere perché intento a navigare per il mondo mentre la sua mamma e lui stavano in casa, in quella bella casa con un grande giardino, a sperare nel suo ritorno e pregare nelle notte di tempesta.
Grande viaggiatore suo padre. Quante storie meravigliose gli raccontava ad ogni suo ritorno, tenendolo sulle ginocchia quando era bambino ed ora, ultimamente, camminando fianco a fianco nelle lunghe passeggiate nel bosco circostante o sul molo che si affacciava al Grande Oceano dagli orizzonti sconfinati.
Storie incredibili! Una soprattutto gli tornava prepotentemente viva e presente: il viaggio verso “l’Isola dove gli uomini vivono felici”. Tante volte suo padre gli aveva parlato di quest’Isola, incoraggiandolo ad intraprendere il viaggio verso di essa perché ne valeva veramente la pena.
Ma dov’era quest’Isola? “Quando sarai grande ti darò la sua mappa” gli aveva detto. Luis era diventato grande, suo padre era morto e la mappa…
Questa mappa era l’oggetto dei suoi desideri e delle sue riflessioni. Ma esisteva davvero l’Isola? E la mappa? Dove poteva aver riposto suo padre quella preziosa mappa?
Si ricordò di un baule, nella soffitta. Un baule coperto di polvere e di ragnatele, dove certe volte aveva visto suo padre riporre delle cose, le più svariate. Meritava di andare a rovistarvi dentro.
Detto fatto, entrato in casa, sale le belle scale che portano al primo piano e poi quella scala in legno, un po’ scricchiolante, che porta alla soffitta.
Tutto era nel buio più profondo.
Accesa una candela, intravede le cose abbandonate in quella soffitta: sono tutte coperte da uno spesso strato di polvere e da per tutto ci sono gigantesche ragnatele. Ombre gigantesche e fluttuanti si disegnano sulle pareti e sul soffitto e cambiano ogni volta che la candela viene spostata per vedere meglio.
Ma il baule dov’è?
Piano piano gli occhi di Luis si adattano la fioca luce della candela e in quella semioscurità, finalmente, nell’angolo più lontano, vede il baule. Si è proprio quello che cercava. L’emozione gli stringe la gola. Comincia a sentire un sudorino freddo lungo la schiena. L’ansia accelera il suo respiro. Si avvicina all’oggetto delle sue ricerche. Il baule era là, un baule antico, con le doghe di ferro intorno e due grosse serrature.
Non era un grande baule, ma neppure piccolissimo e la dimensione e il modo come era costruito facevano pensare ad un oggetto pesante. E poi quelle serrature.
“Proviamo ad aprirlo diceva fra sé, mentre faceva forza su quelle serrature che lo separavano dall’oggetto della sua ricerca. Alla parete, alla debole luce della candela, intravede delle chiavi. “Potrebbero essere quelle giuste” si dice, e le prende.
Al primo tentativo le chiavi trovano difficoltà ad entrare dentro quella toppa arrugginita dal tempo e dal disuso, ma dopo varie prove finalmente riesce a farle entrare e, anche se a fatica, a farle girare: la serratura si apre, può finalmente tirare su il coperchio del baule.
Alla sua vista appaiono subito gli oggetti più disparati: piccole anfore indiane, brucia incenso cinesi, un piccolo vaso di porcellana colorata, delle monete delle isole della Sonda, un pacco di lettere con francobolli da tutto il mondo, un oggetto strano, forse un alambicco per distillare il rum, delle conchiglie colorate dei mari del sud e, proprio sul fondo, dei documenti, alcuni di pergamena, con strani segni. Lasciando disseminate per terra tutte quelle cose che erano dentro il baule, con il plico dei documenti in mano, con il cuore che sembra volergli uscire dal petto Luis scende le scale ed entra nella sua camera. Chiude con cura la porta dietro di sé, posa quei plichi sulla sua scrivania, si siede e comincia ansioso a vedere di che si tratta.
Il libro di bordo dell’Albatros Bianco, la nave comandata da suo padre: quante storie di viaggi incredibili e avventurosi in quelle righe che scorrono sotto i suoi occhi bramosi. Il suo sguardo cade su alcune parole “l’Isola dove tutti vivono felici”, si, c’è proprio scritto così, anche se i caratteri sono un po’ sbiaditi e macchiati forse da una goccia d’acqua, o di rum, caduta su di essi. C’è proprio scritto così su quella pagina. L’attenzione diventa spasmo e Luis ne vuol sapere di più. Vi è descritto come si fa ad arrivare all’Isola e nella pagina seguente vi è anche tracciata una mappa approssimativa. Due righe più sotto c’è scritto che una mappa più particolareggiata è stata disegnata dal nostromo. Subito fruga tra gli altri documenti ed in effetti c’è una mappa con tanto di riferimenti topografici e con al centro un’isola dal nome ormai divenuto a lui familiare: “Isola dove gli uomini vivono felici”. L’entusiamo di Luis è incontenibile: tiene in mano quel pezzo di cartapecora ingiallito dal tempo, lo guarda con occhi sognanti, lo mette controluce, lo appoggia sul piano della scrivania, cerca di studiarne la localizzazione con gli strumenti di bordo di suo padre, va poi a controllare sulle carte geografiche ma al posto della “sua” isola c’è segnato solo mare. Mare e mare dappertutto. Un mare blu, inequivocabile. Mare profondo, mare assoluto.
Eppure quell’isola ci deve essere, se suo padre e il nostromo dell’Albatros Bianco l’hanno disegnata, in modo così dettagliato su quella mappa ingiallita dal tempo, dal sole e dalle intemperie e ne hanno descritto la rotta.
Luis si stende sul suo letto, gli occhi verso il soffitto, la mappa appoggiata sul petto e tanti ricordi di racconti meravigliosi su quell’isola. Quando suo padre ne parlava, s’illuminava tutto. Sembrava la cosa più bella che la sua lunga e avventurosa vita di marinaio avesse incontrato. E Luis sognava ad occhi aperti.
Su quell’isola bisogna andarci, costi quel che costi ma bisogna andarci.
La pioggia intanto aveva lasciato il posto ad un vento che si faceva sempre più forte. Si sentiva mugghiare l’oceano laggiù tra le scogliere. Dai vetri della finestra, lavati dalla recente pioggia, lo sguardo andava lontano, fino all’orizzonte in quel mare ormai completamente in tempesta. Ed in mezzo alla tempesta gli occhi sognanti di Luis, laggiù nel lontano orizzonte vedono un’isola, un’isola coperta di verde, circondata da un mare di smeraldo, l’Isola dove gli uomini vivono felici. E il sogno diventa presenza.
Passano i giorni, Luis è ormai solo con la mamma, nel cuore un sogno e una grande voglia che diventi realtà. Un sogno che giorno dopo giorno diventa ossessione. Luis sa che quell’isola ormai è diventata parte di sé stesso e che ci deve andare. Assolutamente. Non ci sono ostacoli che contino. La sua saà una vita senza sapore se non andrà su quell’isola. La sogna di notte, la vede mentre ad occhi aperti passeggia su e giù sul molo del porto, gli sembra che tutte le navi che salpano debbano andare su quell’isolo e lui invece rimane a terra, a sognare. Ma partirà, deve partire, la sua vita è ormai su quell’isola.
La gente del borgo vede spesso Luis passeggiare su e giù per la banchina, pensieroso.
Un giorno Luis parte per la Città dove si trattiene per qualche tempo. Al suo ritorno lo accompagnano una montagna di bagagli che destano la curiosità di tutti in quel Borgo sonnacchioso, in quel tepido inizio di primavera.
Arrivato alla sua casa, comincia ad aprire tutti quei pacchi nella curiosità meravigliata di sua madre. Tutta la casa si riempie della carta dei pacchi e di oggetti vari: tutte cose che avrebbero fatto la loro bella figura su una nave in piena navigazione. Carte nautiche di ogni tipo, un grande mappamondo, sestanti, bussole, oggetti della nuova ingegneria della navigazione che rendono più informato e sicuro l’andare per mari.
La mattina seguente arrivano al Borgo un gruppo di giovani più o meno dell’età di Luis; Giovani tutti nativi del Borgo e che erano partiti per la città anni addietro in cerca di lavoro o per poter completare i loro studi, lasciando nel porticciolo le loro barche in attesa del loro ritorno.
Si recano da Luis e poi non si vede più nessuno di loro per strada. La sala da pranzo della casa di Luis rimane illuminata fino a tardi quella notte. Si sente il discutere animato dei giovani, le loro domande, le risposte di Luis. Tutte le porte sono ermeticamente chiuse: chi sta fuori della stanza capisce che lì dentro si discute ma non intende il tema e le parole della discussione in corso.
Il tema è chiaro: “l’isola dove gli uomini vivono felici” ed anche la proposta di Luis è chiara: “Chi vuole venire con me?” L’avventura che quelle parole lasciano intravedere fa sognare i partecipanti a quel dibattito e quando vanno a letto nelle camere che Luis ha loro preparato s’intuisce che pochi dormiranno e comunque oggetto dei loro sogni sarà “l’isola dove gli uomini vivono felici”.
La mattina seguente quel gruppo di giovani parte e Luis è con loro.
Qualche giorno dopo nel piccolo porto dei pescatori del Borgo entra una nave, piccola ma molto bella. Tre alberi e delle vele candide la rendono simile ad un gabbiano con le ali spiegate. Luis ed i suoi amici sono tutti sulla nave. La gente è accorsa e le domande dei curiosi si sprecano. Ma i ragazzi hanno per questa curiosità solo risposte essenziali o evasive.
La plancia di comando: meravigliosa. Quel timone invitante al viaggio, quelle vele che fremono alla brezza della sera, quella prua vogliosa di oceano sconfinato!
La stiva è colma di viveri e acqua, tante cabine, anche queste belle ed ammobiliate in modo essenziale, ospitano quei giovani marinai. I soldi che Luis ha ereditato dal suo padre li ha investiti per armare questa nave. E’ fiero di quanto ha fatto, soddisfatto per la bella nave che ora si dondola pigramente, ormeggiata al molo del porticciolo dei pescatori del piccolo Borgo che si affaccia sul grande Oceano: è splendida, fa sognare.
La mattina seguente la nave esce dal porto: Luis vuole che i suoi amici diventino esperti della nave e la sappiano condurre con maestria. Alla sera rientro al porto del Borgo e solita ala di curiosi, ancora una volta insoddisfatti. Qualcuno chiede di salire a bordo per vedere da vicino quella bella nave ma il diniego è deciso, anche se molto gentile.
Il giorno dopo, all’alba, di nuovo in alto mare. E così per un mese di seguito, con la bonaccia o con il mare grosso la nave esce dal porto e va verso il lontano orizzonte. La nave ora ha un nome, il nome che gli è stato dato dagli abitanti del Borgo: “Gabbiano Bianco”. Questo nome evoca nella mente di Luis il nome di un’altra nave, quella di suo padre: “Albatros Bianco” e anche questa andrà lontano, fino all’ “Isola dove gli uomini vivono felici”.
Passano i giorni, continuano le esercitazioni e il Gabbiano Bianco ogni sera torna all’approdo sicuro del porticciolo dei pescatori del piccolo Borgo che si affaccia sul grande Oceano. Al suo rientro ormai non c’è più nessuno ad attenderla: quel vai e vieni è diventato ormai una normalità nella vita del Borgo e nessuno nutre curiosità per le cose normali
Una mattina, Manuel, un giovane marinaio della bella nave manca all’appello, ma si parte ugualmente.
Al rientro c’è di nuovo folla sul molo ad attendere il Gabbiano Bianco, la folla delle grandi occasioni: che cosa è successo? Quando Luis scende a terra, subito gli dicono che nel porticciolo manca una barca, la barca di Manuel. Ma anche Manuel manca: probabilmente è partito con la sua barca. Forse l’attesa della partenza verso “l’Isola dove gli uomini vivono felici” per lui è stata troppo lunga ed è partito da solo, con l’avventura nel cuore, un sogno nella mente e tanto, tanto mare davanti a lui in una fragile barchetta.
Luis e i ragazzi rimasti riflettono a lungo sulla cosa. Il sonno quella notte tarda a venire per tutti. I loro occhi chiusi vedono Manuel, il loro amico partito, che lotta con il mare, con il vento, forse con la fame e la sete, ma con nel cuore la Grande Avventura, il Grande Sogno: “l’Isola dove gli uomini vivono felici”.
Tutti si augurano nel profondo del loro cuore che Manuel riesca nell’impresa. Non ha voluto più aspettare. Ha detto a sè stesso che era ora di agire, di smettere di provare.
Il giorno dopo il Gabbiano Bianco salpa con tutta la maestosità delle sue vele spiegate. L’orizzonte lo inghiotte alla vista di chi è rimasto sul molo a pescare e a fantasticare di pesche favolose e di viaggi in terre piene di avventure.
Sulla nave il clima è pesante. L’assenza di Manuel e della sua barca nel porticciolo apre interrogativi dolorosi: fino a quando continueremo a spendere energie e tempo in per provare una nave che ormai tutti conoscono a memoria in tutte le sue reazioni a tutti gli umori del Grande Oceano?
Il mattino seguente manca Pedro, l’aiuto timoniere. Subito tutti corrono sul molo, fin dove è ormeggiata la sua piccola barca da pescatore: la barca non c’è più. La partenza quella mattina è triste e il pensiero va a quei piccoli gusci di noce in balia del Grande Oceano. E’ lì, il pensiero di tutti, e non se ne scolla. “Loro sono partiti e noi siamo qui a provare”, è la frase che frulla nella mente di ciascuno.
Alla sera si rientra nella bella casa di Luis, in silenzio, uno dietro l’altro, in una fila che nessuno ha messo insieme ma che si è formata naturalmente perché pesa camminare a fianco di un altro con il quale non si riesce a concretizzare un sogno: è più bello camminare, anche solo con il pensiero, a fianco di chi per quel sogno sta pagando di persona, sta remando verso una meta che è comune nelle aspirazioni e nel cuore di tutti loro, “l’Isola dove gli uomini vivono felici”.
“Chi mancherà all’appello domani?” Si chiedono. E intanto la fila giunge alla casa. Luis raduna tutti nella grande sala, il fuoco scoppietta nel camino e fa tanta intimità, tanta famiglia. E’ bello stare lì tutti insieme è bello e le fantasie sembrano diventare realtà.
Si parla di Manuel, si parla di Pedro e si decide che il giorno dopo non si salperà in attesa di maturare decisioni concrete e di rimpiazzare questi amici per la buona economia della nave.
La mattina dopo, come se avessero avuto un appuntamento, i giovani sono tutti sul molo. Non è ancora l’alba. Le figure delle persone e delle cose non hanno ripreso pienamente i loro contorni. Manca ancora, perché il gruppo sia completo, Martin. Già, dov’è Martin? Un’agile corsa sul molo. Il presentimento è realtà: la barca di Martin non è agli ormeggi. Un greve silenzio scende su tutto il gruppo. Anche Luis, sempre prodigo di incoraggiamenti e sempre capace di galvanizzare i suoi amici, questa volta tace. Pensa. Poi si allontana a passi decisi, le mani in tasca, il viso verso la brezza del Grande Oceano che gli porta i messaggi dei suoi tre amici cha hanno avuto il coraggio di partire, da soli, con mezzi sicuramente inadeguati, verso la meta dei loro sogni, verso ciò che era diventato il loro motivo di essere, verso “l’Isola dove gli uomini vivono felici”. E lui, l’ideatore di quella spedizione, è lì, sul molo che passeggia. Passeggia.
I giovani tornano ciascuno alle proprie case, non più alla casa di Luis e anche Luis, da solo, riprende la via della propria casa.
Sul suo letto, gli occhi fissi sul soffitto, la finestra aperta ai rumori del Grande Oceano, pensa, sogna.
Il giorno dopo manca ancora un giovane e la sua barca. E’ uno stillicidio. Piano piano partono tutti. Solo Luis ancora passeggia sul molo, davanti al Grande Oceano, ammirando la bella nave, i suoi tre alberi svettanti verso il cielo, la prua ansiosa d’orizzonti.
Sono passati anni da che tutti quei ragazzi sono partiti. Saranno arrivati all’Isola dove gli uomini vivono felici? Chi può saperlo. Sappiamo solo che sono partiti, che hanno aperto il loro cuore al loro sogno, che hanno pagato di persona per quella Grande Avventura.
E Luis? Già, Luis, il ragazzo capace di entusiasmare gli altri, la guida e lo stimolo di tutti, Luis dov’è. Non c’è bisogno da andarlo a cercare: è diventato parte integrante di quel molo, i suoi passi hanno calpestato tutte le grosse pietre che ne formano il pavimento, i suoi occhi hanno scrutato l’orizzonte più lontano, fino a dolergli: è sempre lì che passeggia e sogna di un’Isola dove gli uomini vivono felici.

fra Alberto Fazzini, o.p.

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