RISONANZE_1_FRANCOISE E MARTA
Giubileo Domenicano

Sulle orme di San Domenico (19-27 luglio 2013)

(da Francoise e Marta)

 Siamo arrivati alla data fatidica: oggi venerdì 19 luglio, si parte per ripercorrere una ricerca spirituale sulle orme di San Domenico. Da mesi, Fra Alberto sta preparando il pellegrinaggio, accumulando scambi di mail con varie comunità di Domenicani e Domenicane in Spagna, in Francia e in Italia; leggendo e rileggendo opere riguardanti San Domenico nelle tre lingue; torturandomi per fare, insieme a lui, telefonate all'estero o per tradurre ciò che a lui (e anche a me, ma non glielo dire) interessa. Ora siamo arrivati al dunque e siamo riuniti nell’atrio dell’aeroporto di Elmas, tutti amici dell’Ordine, noti o sconosciuti tra noi, per affrontare questa avventura fisica e spirituale. Il Padre ci consegna (finalmente) i nostri biglietti e imbarchiamo. All’arrivo a Madrid, ci ricongiungiamo col gruppo romano ed eccoci qui, sui bus, alla volta di Salamanca.

 

A Salamanca, tra le fatiche della vigilia e lo scombussolamento del primo giorno in gruppo, scendiamo dalle camere - un po’ in disordine ma puntuali - per la visita della città universitaria, sede di tante dispute intorno all’operato dei domenicani e fonte della nostra contemporanea apertura del concetto “sociale”: il riconoscimento dei DROITS DE L’HOMME. C’incamminiamo prima verso la magnifica Chiesa di San Esteban. Il gruppo si snoda alla spicciolata nelle vie della città, attraversa due piazze soleggiate (già alle 9, il cielo terso e un bel sole radioso fanno sembrare calda l’acqua degli spruzzatori della nettezza urbana) e, dopo un’ultima svolta, si presenta a noi la Chiesa dei Domenicani in tutto il suo splendore, con la sua facciata “illustrata”, il suo campanile a muro e con, antistante, la statua di Francisco de Vitoria, uno dei fondatori del Diritto Internazionale odierno. Prima della visita, noi pellegrini ascoltiamo la Parola e partecipiamo al Mistero della Santa Messa. Nonostante la novità dei luoghi, l’atmosfera è raccolta e gli inni (in italiano) serenamente allegri. All'uscita, nella sala conferenze, ascoltando la nostra guida,Ramòn Hernandez, scopriamo i misteri della Grande Disputa, poi andiamo ad ammirare la Chiesa e il Chiostro dei Domenicani, che sono delle pure meraviglie.

 

Anche a Salamanca, le vie del Signore sono sempre in salita, come lo dimostra la breve passeggiata in direzione della Cattedrale e dell’Università. Dopo una visita - forse un po’ rapida - della chiesa, terminata con la buffa ricerca della rana sul teschio, entriamo nell’Università. Intorno ad un sobrio patio, sono allineate le aule dai nomi evocatori di terre lontane, di dispute per il Nuovo Mondo. Nel girare sotto il colonnato, mestamente si pensa ai tanti soprusi patiti da quei popoli conquistati e che solo la fede e l’equanimità di un piccolo ma risoluto gruppo di Domenicani ha riportato alla dignità e alla salvezza sia fisica che spirituale. Non farò la pedante, confesserò che dobbiamo la conoscenza dei fatti al “Padrecito” che ha organizzato un ciclo di conferenze a Cagliari.

   

            Visita breve perché, dopo il pranzo, bisogna riprendere la strada per andare a Caleruega, che costituisce uno dei fulcri del nostro pellegrinaggio. La campagna si snoda arida e collinosa sotto i nostri occhi; il tragitto sarebbe stato monotono se non fosse stato per la recita cantata dei vespri che ben s'intonavano con i luoghi e lo spirito del viaggio. Ed ecco, quando meno te l’aspetti, le lunghe austere mura di un convento indicano che siamo arrivati. Appena scesi dai mezzi di trasporto, due domenicani e uno studente prendono in mano la nostra confusa assemblea e ci guidano verso le zone rispettive di alloggio. Il convento è immenso, tirato a lucido, ricco di memorie e di oggetti antichi. I giardini che s’intravedono dalle finestre sono ben curati. Si respira la pace e l’operosità. Dopo la cena, semplice ma gradevole, un gruppetto di noi si dirige verso la piccola altura, dominata da una croce, dove il giovane Domenico saliva per osservare la sua terra, sognare ma anche giocare con gli altri monelli del paese. Da lassù, l'occhio si perde su una vasta pianura monotona e, tutto sommato, un po’ triste.

   

Questa domenica mattina è tutta dedicata a Caleruega e a San Domenico. Inizia con la visita del convento dei frati con la bella Chiesa annessa. Prosegue con una Messa concelebrata nella Cappella del Pozzo che, come ci spiega Fra Jesùs Martìn, è luogo di pellegrinaggio di molte donne che disperano di avere un figlio. Per concludere la condivisione del pane e del sapere, ci tocca bere un bel bicchierozzo d'acqua... (Speriamo bene: tra rane che ti fanno sposare nell'anno e acqua che ti rende fertile, bisogna che stiamo attente!) Dopo la Messa, visita del Torréon (primo gruppo) e delle cantine e, dopo pranzo, partenza per Gumiel de Izàn. Lì, si prevede di visitare la casa dello zio di Domenico (lo zio che ha orientato i suoi studi e la sua cultura), poi la chiesa ove, da ragazzo, il nostro Patrono faceva il chierichetto.

     

            E si prosegue per Santo Domingo di Silos, di cui presento solo alcune foto affidatemi da Marta in quanto non ho partecipato personalmente.

   

Al ritorno a Caleruega, ci aspetta la solita cena conviviale, allegra, rumorosa, per niente mistica ma senz'altro piena di sana amicizia. Verso la fine, ci dicono che siamo invitati ad un incontro con le Madres Dominicas per visitare il Convento delle Monache, per conoscere le loro attività e per comprare alcuni dolcetti che sono la loro fonte di reddito (ma anche loro sono curiose di conoscere le suore di San Sisto!). Il tutto (conversazione, visita, assaggi) è stupendo, permeato di calma e di religiosità.

 

L'indomani, prendendo la nazionale 234 per Burgos, ci fermiamo all’Orrido di “La Yecla” nel parco di Rio Lobos (ancora lupi!). Sopra di noi numerosi avvoltoi girano incessantemente alla ricerca di cibo. Il loro “canto” gracchiante ferisce la nostra immaginazione. Sotto, il baratro gorgoglia. La lunga scala che lo fiancheggia si snoda, all’inizio facile e lenta, poi più ripida man mano scende, avviluppata dalla roccia che ci sovrasta, ci stringe, ci chiude quasi la luce. Qualcuno rallenta, qualcuno si siede, qualcuno ride ma senza convinzione, quasi per il nervoso. Per fortuna, il tempo incombe e bisogna risalire per riprendere la strada. L’uscita è più agevole dell’ingresso. Per fortuna o è il sollievo che ce la fa sembrare più facile?

   

Dopo la sosta al Parco, si riparte in direzione di Burgos. La città ci accoglie con un bellissimo sole e una porta delle mura antiche che è una pura meraviglia. Già il suo candore ci commuove, poi la finezza del ricamo di pietra, il gorgoglio del rio che segue le mura, la serenità del Paseo del Espolon… Ci inoltriamo verso il centro e, all’uscire di una stretta calle ombrosa, la Cattedrale! Il Palco del Giuramento che domina la porta inferiore, ci ricorda i momenti tragici della Reconquista e dell’avventura del Cid Campeador. La scalinata maestosa ci porta verso le mille meraviglie architettoniche e religiose dell’interno. Lì, ci sparpagliano secondo l’umore e gli interessi, ci ritroveremo dopo un’ora all’uscita inferiore del museo attraversando la solita boutique di souvenirs. La piazza è rovente, solo un angolo sembra in mezz’ombra e, provvidenzialmente, nasconde un negozietto alimentare per coloro che hanno una “piccola” fame o una gran sete (perché pensate a Marta?). Chi compra souvenirs, chi prende un caffè, chi ne approfitta per fare una chiacchierata... finalmente, dopo lungo affannare di Padre Alberto, il gruppo è ricomposto e si torna alla base.

   

            Al ritorno a Caleruega, il secondo gruppo (quello che era stato impossibilitato ieri) parte in direzione del Torréon… La visita è rapida perché è già ora di pranzo anche questa volta e abbiamo tutti voglia di darci una rinfrescata. Come sempre, il pasto è semplice ma soddisfacente, l'ambiente conviviale e il tempo passa fin troppo veloce. La ragazzotta che ci distribuisce le portate (madre di una femmina di 15 anni e di un ragazzo di 14 che l'aspettano giocando sulla piazza antistante il convento, di fronte “AL “bar) è molto disponibile e gentile, cerca di accontentare un pò tutti ed è...  innamorata della nostra maglietta polo domenicana.

   

            Dopo il pranzo e una bella rinfrescata, siamo nuovamente sul pulman, in direzione di Burgo de  Osma. La trasferta dura un buon 40mn ed eccoci arrivati davanti una miniatura di meraviglia. Un piccolo paesino medievale con la sua porta fortificata, la sua piazza triangolare dedicata al suo primo Vescovo, San Pedro de Osma, il suo capitolo canonicale. Da una via larga, bordata da antiche magioni, si arriva alla Basilica dove fu chierichetto San Domenico. Anche qui, il gruppo è guidato da un domenicano locale, Fra Jesùs Martìn, che si fa una gioia di farci conoscere una versione inedita del primo periodo  della vita del nostro Santo Patrono. Ci narra anche la legenda del Cristo con il gallo, c'introduce nella Cappella del Tesoro e non ci fa grazia di nessun dettaglio: una meraviglia. All'uscita, tutti a prendere una birra, un gelato o un caffè (si, ci sono sempre i fanatici del caffè, anche con questo caldo) all'unico bar del luogo con grande affanno e grande soddisfazione del garçon.

     

La sosta a Pamplona è delle più veloci. La città si apre a noi con una magnifica rotonda fiorita, seguita da un quartiere moderno rinfrescato da bellissime muraglie di acqua che cadono in piccoli bacini e si rinnovano e da un parchetto naturalistico che incita alla siesta con le sue finte cascatelle, il suo laghetto e la sua avifauna che nuota pigramente o cinguetta negli alberi. Il ristorante è magnifico e accogliente ma, ancora una volta, il tempo stringe e si riparte alle volte di Lourdes.

Dopo ore ed ore di pullman, arriviamo a Lourdes. La basilica si erge davanti a noi, sempre monumentale e colorata; l’Esplanade si srotola davanti ai nostri occhi un po’ grigetta e dominata dalla bianca statua monumentale della Madonna. Incredibile, apparentemente non ci sono tracce della recente alluvione. Tutto è ritornato al suo posto o al suo colore. Apparentemente. Perché la Basilica di san Pio X è ancora inagibile, la Chiesa all’aperto non è ancora rimontata… Ma, come sempre, la processione con fiaccolata commuove anche se pioviggina; certo, c’è meno della metà delle persone che - di solito - si snodano lungo il percorso dell’Esplanade e la piazza antistante il sagrato è mezzo vuota; ma i canti, le preghiere, la presenza di chi soffre creano un’atmosfera spirituale intensa come sempre. L’indomani, dopo le varie visite culturali (casa natale di Bernadette, mulino di Boly, carcere…) e quelle di preghiera (la grotta, le basiliche aperte, il rifornimento di acqua, la confessione o altro), siamo di nuovo tutti insieme per una bellissima concelebrazione nella Basilica superiore (non che ci siano mancate in questi giorni le belle celebrazioni, vespri o rosari: facevano parte del nostro andare quotidiano, ma a Lourdes, tutto sembra più intenso e più bello) prima di ripartire per Toulouse.

 

A Toulouse, la prima tappa prevista è per la Maison Seilhan, ma siamo in anticipo e abbiamo il tempo di ammirare una delle meraviglie della città: l’hotel d’Assézat, sede dell’Accadémie des Jeux Floraux, una delle più antiche d'Europa. Appena entrati nel cortiletto, Padre Garrigues introduce un primo gruppo di 30 persone nell'aula magna per tenerci una conferenza mentre Mme Claire, ci fa visitare la casa/museo (la sala dei miracoli, quella dei ritratti e delle miniature e l'Oratorio, ex camera del Santo). Il “Padrecito” (Alberto) mi spedisce con lei e il 2° gruppo, per tradurre. Poi i gruppi s'invertono. Dopo di che, ci organizzano per una Messa Commemorativa nella stessa Aula Magna. Ritorno in albergo per il pranzo. Dopo una breve sosta, si riparte per visitare Les Jacobins che, oltre essere una meraviglia per i suoi altissimi archi a palmizi (una rarità!) conserva i resti di Saint Thomas d'Aquino  a cui è dedicata. Visita del Convento/Museo (allietata dalla ripetizione di un concerto per pianoforte che si terrà la sera stessa) e delle sue meraviglie. Non si possono trascurare la Basilica di Saint Sernin con la sua splendida struttura slanciata e il suo Tesoro, né la chiesa del Taur col suo campanile tolosano a muro, i resti di San Saturnino (una coincidenza?) e il mosaico d'altare. Ci siamo meritato un bel gelato sotto le arcate di Place du Capitole. Soffia una fresca brezza, la serata è tiepida e dolce, chi se ne vuole andare? Ma la cena aspetta e la giornata di domani sarà dura.

         Cari amici, per Fanjeaux / Prouilhe dovrete fare a meno di me. Sono rimasta in albergo tutto il giorno. Marta mi ha parlato di una bellissima passeggiata, della visita di due conventi straordinari (e mi ha concesso alcune foto); le suore domenicane erano entusiaste, Padre Alberto trascinava la gamba dopo la caduta nel fosso ma sembrava contento, alcuni di voi (durante la cena), mi hanno raccontato meraviglie... ma non  posso testimoniare: non c'ero.

 

Il Pellegrinaggio è finito ma, sulla via del ritorno, Padre Alberto ci da il tempo di visitare Carcassonne non poteva mancare l'omaggio alla lapide che ricorda la celebrazione della quaresima che Domenico svolse nella turbolenta Carcassonne... la cui Reggente, alcuni anni dopo, morì sul rogo di Montségur. Le bellissime vetrate, il magnifico rosone, la decana delle campane regionali, la pietà inspirata da quella di Michelangelo, sono sempre lì ad attendere... Strade e stradine medievali, il Castello, le Lisse, le spessissime mura, il fossato, il ponte levatoio, tutto è ancora al suo posto, tutto parla ancora alla nostra immaginazione, anche il maialino di Dame Carcas. Persino il piccolo bar sulla deliziosa piazzetta ombreggiata dove, con Piero, Chico, Bruna e Paola prendemmo una cioccolata da sogno. Oggi, condivido con alcuni Padri, un buon caffè... ma, appena sola, anche una bella crèpe Suzette!

   

            Dopo la visita e il pranzo, si riprende la strada ma con una nuova preoccupazione: i famosi bouchons annunciati non sono una leggenda urbana ma un’amara realtà, il primo pullman che andava a Barcellona è rimasto a lungo bloccato ed è in ritardo sulla tabella di marcia. Lo stesso capita a noi tra Narbonne e Perpignan ma, dopo la frontiera ricuperiamo e arriviamo con un buon margine di tempo a Girona.

(foto 196 / 200)

Francoise e Marta