Risonanza 3 Fabrizio e Palmira
Giubileo Domenicano

A CHE COSA TENDERE NELLA VITA

 

Siamo andati a visitare, durante il pellegrinaggio domenicano, il piccolo paesino di Caleruega: un nome ed un paese fino ad oggi a me sconosciuto e che tale sarebbe rimasto, probabilmente, se non fosse stata la principale meta del nostro viaggio.

Certo, ci era stato descritto dagli organizzatori (o dall’organizzatore !!!) del viaggio, ma solo visitarlo dal vivo ci ha potuto trasmettere e confermare quelle sensazioni delle quali eravamo stati avvertiti, ma che, solo provandole, si possono capire appieno.

Dopo chilometri e chilometri percorsi sul BUS, in mezzo ad una campagna, ricca di campi di grano, alternati a vigneti, con un salire quasi inavvertito, impercettibile, si arriva al piccolo Paesino, dove è nato San Domenico. Ma se ancora c’è qualcuno (molti ?!) che,  dopo otto secoli, si arrampicano per questa strada, significa che si trattava di un uomo di grande spessore e di un grande santo.

Ma come? Ci avevano detto che Caleruega era sito a 1000 metri di altezza e quasi non ci siamo accorti di salire!!! Ce lo fa ricordare l’aria frizzante di cui godiamo, dopo il caldo della pianura, fino alle dieci e passa di una notte, incredibilmente luminosa!! Nonché la copertina usata nelle semplici, ma accoglienti celle dei frati!!!

Ma si sa la Spagna è più ad ovest dell’Italia e il sole tramonta più tardi.

Ci accolgono, con grande benevolenza e calore i frati del Convento ed uno di essi, il padre Jesus, di oltre ottanta anni,  lucido e coltissimo, si rivelerà un grande frate, degno di rimanere scolpito nella memoria, non solo per le sue dotte spiegazioni, ma anche per le sue battute argutissime.

Non ti aspetteresti certo da un frate di quell’età tanta energia, tanta pazienza e tanto amore nel descrivere i luoghi dove il Santo spagnolo è nato, ha vissuto, ma anche i racconti, gli aneddoti, narrati con candore ed ironia,  che ricorderemo con affetto.

Andando via e salutandolo, qualcuno di noi gli ha detto: magari ci rivedremo presto e lui, con bonomia e con un lampo negli occhi, ha risposto: “è possibile!!”.

 

Grazie padre Jesus!!! E grazie agli altri confratelli che si sono prodigati per noi, anche in mensa,  anche se, ben ripagati dagli spaghetti Rita!!!

Ma non si può non ricordare un altro luogo, di grande suggestione, sempre a Caleruega: il grande Crocifisso, che si trova ad alcune centinaia di metri di distanza dal Convento. È raggiungibile in pochi minuti e, se se si trova la stradina giusta, non è neanche tanto difficile arrivarci pure per chi è  avanti negli anni. A dir la verità, sono salito due volte: la prima, di notte, rischiando anche di cadere, perché ho preso la strada più scoscesa. E però la foto ricordo del Convento illuminato, ripreso dall’altura, mi ha ripagato dell’impresa (ahaha). La seconda volta sono salito con Palmira (mia moglie): c’era tanta luce e ricorderemo le intense preghiere, recitate insieme ad altri compagni di viaggio, anche loro arrivati lì.

Dopo alcuni minuti di cammino allietato dal profumo delle innumerevoli piante di lavanda, si arriva al culmine. Da qui un panorama, mozzafiato, senza soluzione di continuità, invita alla riflessione ed alla preghiera.

Si è proprio vero: San Domenico, da qui, da giovane, godeva di uno spettacolo sconfinato dal quale ha preso, probabilmente l’ardire di compiere il cammino svolto. Ma, quello dei panorami a perdifiato sarà uno dei fili conduttori del pellegrinaggio: basti pensare a quello che vedremo da Fanjeaux ripercorrendo il “chemin” di S. Domenico.

Ed infine, non possono non rimanere nel cuore, le messe celebrate nel Monastero delle suore domenicane di clausura, sempre a Caleruega.

Non si può non ammirare la scelta, silenziosa, difficile ma affascinante, di queste donne, entrate nella clausura ed impegnate, giorno dopo giorno, nella preghiera, nel lavoro e, dulcis in fundo, nella preparazione degli ottimi dolci, riportati a casa, alla fine del viaggio.

Certo, il viaggio non è stato solo questo, è stata anche un’esperienza religiosa e umana vissuta intensamente con tante persone cordiali ed affettuose, ma la visita a Caleruega è un qualcosa di difficilmente ripetibile, per la singolarità dei luoghi, per la semplicità delle persone, dei frati e delle monache, conosciuti, per i ricordi della vita del Santo di cui abbiamo seguito, con attenzione le orme.

Andare, predicare, testimoniare anche in mezzo a coloro che non ci sono troppo vicini o non hanno le nostre idee, può essere l’insegnamento da trarre dopo il viaggio. Ognuno secondo le sue capacità (mi pare che San Domenico dicesse così), secondo la propria cultura e le proprie attitudini.

Non sarà facile, ma a questo dovremmo tendere.

Fabrizio e Palmira